Il ricordo per un giovane cronista sportivo (all’epoca) come me di un calciatore come Carlo Ricchetti è molto nitido visto che avevo imparato a conoscerlo in quelle prime apparizioni nella stagione 1993 – 1994 in una Salernitana che cercava di riemergere dopo campionati anonimi e di difficile interpretazione.
Eppure i calciatori che componevano quella rosa erano stati contestati nel primo giorno di ritiro a Lagonegro forse perché troppo giovani e non in grado di soddisfare le esigenze di una tifoseria che vedeva sempre cambi di proprietà e mai società solide e pronte a far riemergere la squadra per i campionati maggiori.
Dunque anche l’arrivo di Ricchetti e di tanti giovani come lui dalla primavera del Foggia poteva far intravedere un’altra stagione anonima in ottica granata. Ma lui, il cursore sulla fascia destra della squadra allenata da Delio Rossi con Roberto Breda e tutti gli altri iniziando da Tudisco, Grimaudo, soprannominato cavallo pazzo, l’attaccante e capitano Pisano, il portiere Chimenti dopo un periodo nel quale, probabilmente, aveva anche pensato di cambiare squadra rimase con tanta voglia e amore poi consolidato nel tempo verso questa tifoseria che nel corso della stagione, quella della promozione in B del 1993-1994 dopo quattro anni di assenza dalla cadetteria, con la vittoria nel play off al San Paolo di Napoli contro la Juve Stabia fu davvero encomiabile.
Lui Ricchetti quasi sempre ai margini per quello che riguardava interviste o apparizioni televisive, sempre schivo con la voglia solo di dare il massimo sul terreno di gioco. E Delio Rossi ricordo che quando parlava di Carlo nelle conferenze stampa lo indicava tra coloro che stavano dimostrando il loro valore senza mettersi in mostra, giocando nell’ombra ma dando un contributo importante alla causa granata.
Anche nel bellissimo 3 a 0 di Napoli contro lo vespe stabiesi ci ricordiamo un Ricchetti che abbraccia i compagni di squadra dopo le tre reti, che nel corso della gara gioca sempre con tanta voglia con questa maglia granata addosso e con i suoi tagli perfetti mette in condizione gli attaccanti di pungere gli avversari.
Lui sempre nell’ombra, senza strombazzamenti vari, con la delicatezza di quella persona schiva che abbiamo conosciuto 32 anni fa ammirandola per i suoi anni in maglia granata, quella maglia alla quale era rimasto sempre attaccato anche nell’anno della storica promozione in serie A con lui in campo. Era stato tra i migliori per tutta la stagione. Rimane un unico neo: quello che non fu confermato la stagione successiva in una categoria che meritava ampiamente.
 
								
 
								
 
