Ha portato in B la Salernitana, difendendo due volte la categoria. Non incrocerà da ex i granata ma segue la Bersagliera con immutato affetto. Più da tifoso acquisito che da addetto ai lavori. Parlare con Leonardo Menichini consente di fare un tuffo nel passato proiettandosi al futuro e a quella categoria che conosce come le sue tasche.
Diatriba società-ds-mister, tifosi delusi. Come ne uscì Menichini dopo il caso Somma?
Arrivai in un clima di scetticismo, dissi subito che non ero un traghettatore ma un tecnico che voleva vincere. Chiesi un confronto con i tifosi a Baronissi, non sono il tipo che firma un contratto per svernare. A Salerno devi uscire allo scoperto e pensare solo al primo posto, senza inutili giri di parole.
Un amministratore delegato entra nel merito delle scelte tecniche. A un mister quanto dà fastidio?
Non fa piacere. Sono dell’idea che ognuno debba fare il proprio mestiere nel rispetto dei ruoli. Se il tecnico non va bene ti regoli di conseguenza, viceversa devi difenderlo fino all’ultimo secondo. Società, allenatori e giocatori devono creare un corpo unico.
Raffaele scelta giusta?
Il tempo darà la risposta. È un allenatore che ha fatto bei campionati. Salerno è dura, ogni anno si cambiano 3-4 tecnici e c’è poca pazienza. Le due retrocessioni di fila hanno acuito i malumori, Raffaele deve essere bravo a gestire tutto questo senza mai dimenticare di essere un valido professionista.
La concretezza di Perrone, Castori e Menichini ha portato alla vittoria. Il gioco di Raffaele può garantire gli stessi risultati?
Secondo me noi in C facevamo un calcio importante. Un 4-2-3-1 con Nalini, Gabionetta e Negro dietro Calil. Certo, a volte su alcuni campi devi calarti nella realtà e adattarti alla classica partita sporca. All’Arechi, invece, devi stare attento. Quando il giro-palla è prolungato i mugugni si sentono, se non la sblocchi subito l’avversario prende coraggio e riparte.
Oltre 3mila abbonamenti venduti, ma entusiasmo ai minimi storici. Pesa un Arechi freddo?
Il pubblico pesa molto, tocca alla società riconquistare la gente. Non ci vuole nulla lì a fare 10mila abbonati, anche in C. Partire bene sarà fondamentale per ricreare entusiasmo, è comprensibile che qualcuno sia scettico. Ma l’ambiente a volte è decisivo durante i 90 minuti.
Dalla A alla C, un flop per chi prospettava l’Europa…
Due retrocessioni di fila comportano responsabilità chiare. Infortuni ed errori arbitrali hanno fatto parte di questo percorso purtroppo negativo. Per Salerno che vive di calcio è stato comunque un boccone amaro da digerire.
Per chi ha conquistato promozione e salvezze quanto è brutto rivedere Salerno in C?
Mi fa piacere aver lasciato un buon ricordo, vedo volentieri la Salernitana e torno in città quando posso, con gente che mi riconosce e mi abbraccia. Avverto il rispetto per l’uomo e per il professionista. Dispiace che una piazza prestigiosa torni in C, non posso dimenticare Davide Moro che canta “Nessun dorma” davanti a 25mila spettatori. Festa meravigliosa, emozioni che ti restano dentro. Ma non si deve vivere di ricordi: pretendere tutto e subito è legittimo, ma sarebbe un grosso errore.
Squadra incompleta in un girone di fuoco…
Il mercato può spostare ancora gli equilibri, a Salerno occorre una squadra veramente forte. Girone tosto, con corazzate e qualche sorpresa. Il Potenza di De Giorgio lavora a fari spenti e può dire la sua. Benevento, Catania e Crotone punteranno senza dubbio alla promozione.
Da subentrante grandi cose a Pontedera: perché Menichini non allena in B?
Forse pensano che sono vecchio e sorpassato. Quando parlo con agenti o dirigenti dico sempre che i risultati contano, la carta d’identità no. Ranieri docet. A volte si va dietro le mode. Si pensa ci sia il Guardiola di turno in giro, poi va a finire male. Va bene così, io lavoro con entusiasmo e mi diverto. So di avere un gruppo giovane, con tanti 2007 e pochi “anziani”. L’obiettivo è la salvezza, in un girone difficilissimo. Siamo reduci dai playoff, mica era scontato?