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Salernitana, parla Breda

Il tecnico al "Giffoni in a Day": «Conta avere la voglia di migliorarti»
Salernitana, parla Breda

Roberto Breda questa mattina ha parlato ai cinquecento ragazzi dell’Istituto Comprensivo Don Milani-Linguiti di Giffoni Valle Piana e Convitto Nazionale Pietro Coletta di Avellino presenti nella Sala Truffaut di Giffoni Valle Piana per l’evento “Giffoni in a Day. L’incontro è stato inaugurato dall’intervento dei facilitator Elena Scisci ed Orazio Cerino. «Quando parlo con i ragazzi mi ricordo quando io ero giovane. Da adolescente avevo il sogno di diventare un calciatore. Il mio motto è quello che trasferisco a voi: fare le cose con piacere, con la voglia di divertirsi. Conta sempre puntare al massimo, avere la voglia di migliorarti. A prescindere dallo sport nella vita di tutti i giorni è fondamentale avere degli obiettivi. Vittoria sul Modena? Vittoria importante. Siamo stati uniti, abbiamo preso consapevolezza delle cose che non hanno funzionato e ci siamo regalati un bel pomeriggio che ci ha trasmesso fiducia. Bari? Andiamo lì con la voglia di misurarci e di provare a dare il massimo. Mi arrabbio quando mi dicono “Questa è una partita che bisogna vincere” perché lo trovo poco rispettoso per gli avversari. Ai miei ragazzi dico che bisogna fare di tutto per vincere. In questa settimana il messaggio è quello di fare il massimo risultato a Bari perché sarebbe un passo importante per noi. Calciatore preferito della Salernitana? Sono tutti molto bravi. La squadra conta sempre più del singolo».

L’essere allenatore

«Mi piace più adesso da allenatore che prima da calciatore. Fare l’allenatore vuol dire provare a dare una mano ai ragazzi, farli crescere, aiutare a realizzare i loro sogni. Avere ragazzi che seguono la tua idea è stimolante, sapere che danno il massimo in campo e lottano per raggiungere un obiettivo mi piace davvero tanto».

Energia

«Ci metto tantissima energia. La notte ho un quaderno dove appunto alcuni aspetti che penso. Se ti piace quello che fai non ti costa fatica, anzi lavori per risolvere se qualcosa che non va. Mi arrabbio con i miei figli quando mi dicono che sono stanchi perché in ogni cosa devi metterci tutto te stesso».

La mia gioventù

«Io sono stato molto fortunato perché ho trasformato il mio sogno nel mio lavoro. Ci vuole fortuna perché la vita ti fa fare anche deviazioni diverse, percorsi differenti. Mi è andata bene e mi sento privilegiato. Il calcio mi è servito tanto perché ero un bambino molto timido. Ad esempio, quando andavo a scuola, portavo l’apparecchio per i denti ed ero l’unico ad averlo e mi vergognavo. Però conquistavo gli altri quando giocavo a calcio e superavo la mia timidezza attraverso il calcio. Lo sport e la voglia di dimostrare mi è servita per inserirmi nella società. Il calcio mi ha permesso di girare città e scoprire culture. Sono quasi da venti anni a Salerno e la conosco tantissimo. Qui sono nati anche i miei due figli».

Esperienza nello sport

«Ci si cade, ci si rialza, non bisogna aver paura. Lo sport ha di bello una caratteristica: deviare da una vita che viaggia quasi sempre in automatico. Oggi come oggi conta solo vincere la partita o giocare titolare. Lo sport ti permette di misurarti sempre, costantemente, rimetterti in gioco ogni giorno. Anche quando le cose non vanno bene, invece di legarsi a dare colpi ad altri, alla sfortuna, invece bisogna capire cosa ti insegna la vita. Cosa e dove poter migliorare. Lo sport ti abitua ad insegnare sempre qualcosa. Purtroppo anche negli adulti capita che se non scatta la scintilla si perde. Ad esempio, anche per la Salernitana in ritiro si cerca di fare gruppo. Per questo serve unione e soprattutto crescere sé stessi».

Calciatore

«Ho scelto il calcio all’epoca perché non c’erano tanti sport. Ho sempre avuto passione per il calcio. Sono cresciuto tanto soprattutto quando mi sono aggregato ai grandi. Sono andato alla Sampdoria come un premio. Sembrava difficile ma a 18 anni mi sono ritrovato a giocare in serie A. Quando dico che mi sento un privilegiato è anche per il percorso che ho avuto. Quando ho iniziato a giocare fuori, mio padre mi chiedeva sempre ad ora di pranzo per sapere come ero andato a scuola. Allenare la testa significa diventare calciatori più bravi. C’erano tanti ragazzi come me che non studiavano, si sono concentrati solo sul calcio e poi non sono riusciti ad emergere. Per questo motivo, se volete diventare bravi allenate soprattutto la testa attraverso lo studio».

Essere calciatore oggi

«Prima eravamo più fortunati perché si giocava solo al calcio tutti i giorni. Non avevamo telefonini, c’era molto più tempo libero. Adesso c’è meno tempo però ci sono modi diversi di fare allenamento, tecnici più bravi, approcci diversi. Conta la passione, la voglia che ci metti, la fame di vincere».

Il mio idolo

«Era Platini, però era tanti anni fa e non era il mio ruolo. Tra quelli che ho incontrato da avversario il più forte era Zidane perché era tecnicamente forte ma anche un armadio. Erano anni d’oro per il calcio italiano: c’erano Ronaldo, Del Piero, Totti».

Sport preferito

«Mi piaceva il basket da piccolo. Ora seguo tutto con grande passione perché li reputo bellissimi. Ad esempio, seguo con grande calore Sinner».

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