Oggi si fa ancora fatica a credere che non c’è più. Eppure sono trascorsi dieci anni da quando il caro don Peppino ci ha lasciati. Era il 12 novembre del 2014. Può sembrare strano e forse fuori dal tempo, però la sensazione è che sia sempre presente. Ogni volta che si parla di Salernitana ritornano alla mente le gesta di quell’uomo rubato all’imprenditoria edile salernitana ed in parte anche alla famiglia, che con la sua arguzia e caparbietà riuscì a rendere reale un sogno, quello di ritornare in serie B. Chissà perché la promozione conquistata il 3 giugno 1990 è quella più ricordata, che lega ancora oggi i tifosi del Vestuti a ricordi unici ed indelebili.
Fu tra i soci della FI.SA. che aveva acquisito la società granata da Arcangelo Japicca. Nel giro di qualche anno ne rilevò l’intera titolarità. Fu una sfida che lo coinvolse sin dall’inizio con esperienze positive e negative. Da giornalista sportivo ebbi l’onore ed il piacere di conoscerlo già quando era responsabile del Settore Giovanile e fui colpito dalla chiarezza delle ide. Successivamente da Presidente aveva la forza di trasmettere a chi gli stava vicino la grande voglia di fare di tutto per realizzare il sogno ad una tifoseria che poi lo ha amato e contestato senza sconti, andando anche ben oltre il lecito.
Mi ha impressionato la sua grande umanità, che ha contraddistinto buona parte della sua presidenza. In ogni suo intervento aveva l’abilità di ascoltare ma nello stesso tempo di trovare sempre la soluzione a tutti i problemi che gli venivano sottoposti. Sarebbero tanti i momenti da ricordare ma dalla mia mente non posso cancellare alcuni attimi significativi. La sconfitta casalinga con il Palermo nel campionato 1989/90, quando già si parlava di disastro calcistico, don Peppino mostrò fermezza e determinazione ed ebbe la forza di sensibilizzare un’intera tifoseria, portando a Brindisi diecimila salernitani. La promozione fu l’apoteosi, un trionfo meritato. Sotto la cenere però covava il fuoco della destabilizzazione. La contestazione dei giocatori per il premio promozione nell’immediato dopo partita e, caso unico al mondo, il presidente di una squadra di calcio promossa in serie B dopo ben 23 anni costretto a disertare la festa celebrativa in Piazza della Concordia costretto, a malincuore, a lasciare la città con la famiglia. Una macchia che non sarà mai possibile rimuovere.
La sua stima incondizionata me l’ha dimostrata ampiamente quando mi ha voluto al suo fianco con il ruolo di addetto stampa. Un periodo indimenticabile che mi ha fatto crescere non solo professionalmente bensì come uomo grazie ai suoi insegnamenti. Non è assolutamente possibile dimenticarlo. Per quanto mi riguarda rimarrò sempre legato alla sua persona con affetto e riconoscenza. Altrettanto dovrebbe fare tutta Salerno non solo calcistica. Forse troppo tardi si sono ricordati di Peppino Soglia, solo dopo la sua morte. Troppo poco per un Uomo di Grande Spessore.
Grazie Don Peppino