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Salernitana-Pisa, la partita “concerto” e il mondo senza Var

di Carmine Landi
Quando alle 17,28 dagli spogliatoi entrano i primi calciatori quasi veniamo colti alla sprovvista
Salernitana-Pisa, la partita “concerto” e il mondo senza Var

Ore 17,28. Quando dalla Curva Sud Siberiano s’intravedono le casacche color verde tiffany del direttore di gara e dei suoi assistenti, i primi a venir fuori dal tunnel degli spogliatoi e a calcare l’erba dell’Arechi, inebetiti dalla lunga attesa, quasi veniamo colti alla sprovvista. È che, tra la sterminata fila ai tornelli e l’infinita attesa di Godot, eravamo arrivati a credere d’aver sbagliato indirizzo. Immaginavamo già il titolo adeguato per un epico storytelling: “L’odissea di quei tifosi scesi di casa per andare a vedere Salernitana-Pisa e misteriosamente ritrovatisi al concerto di Taylor Swift”.

D’altronde raggiungere uno stadio con tre ore d’anticipo, magari con l’intento d’accaparrarsi i posti migliori, è consuetudine per gli sfrenati fan d’artisti del calibro dell’attuale regina del pop: a saperlo prima, c’avrei portato la ragazza. Invece al mio fianco c’erano “quelli di sempre”. Sono mio padre, che unitamente al materiale genetico cellulare m’ha trasmesso la malattia per questa dannata maglia granata, e mio fratello, che ha parimenti ereditato quest’inspiegabile patologia in grado di manifestarsi in una sorta d’amore masochistico: “Quando vinci sei di tutti, quando perdi sei solo mia”.

Come da pluridecennale abitudine, 40 minuti prima siamo in via Allende. Ci prendiamo il lusso di canzonare papà, che sotto il solleone porta la giacchetta annodata alla cintola: «Il giubbino? Con questo caldo?». Non risponde, ma la vendetta è un piatto che va gustato freddo. O fresco, come quello che inizia a farsi sentire subito dopo il rigore tramutato in gol da Bonfanti. Mio fratello e io siamo a braccia conserte: «Avete visto che avevo fatto bene?», sogghigna papà, che adesso la giacchetta la indossa. Saggezza d’altri tempi. Quelli in cui a bordocampo non c’erano monitor. Quelli della gioia spontanea, quando bastava solo fissare la bandierina dell’assistente dell’arbitro per urlare entusiasmati dalla gioia d’un gol.

Alle 15 il Var non c’è. Da Lissone non arriva alcun segnale. «Giochiamo senza… », è la naturale deduzione dei tifosi assiepati nella muraglia della Siberiano, ma dagli spogliatoi non ci stanno: dicono che non si può fare. Un po’ come quando spariscono le tacchette dai display degli avveniristici smartphone che portiamo nelle tasche: inebetiti dalla tecnologia a tutti i costi, ci chiediamo come sopravvivremo senza rete. Poi c’è l’assennato della comitiva che ci domanda provocatoriamente: «Ma da ragazzino come facevi?».

«Odio eterno al calcio moderno», urlano dalla Siberiano. A Lissone nessuno ascolta. Non c’è segnale. Neppure negli spogliatoi: Var o morte. E allora, mentre sono in fila per le scale maleodoranti (il posticipo del match ha consentito a qualche tifoso la maturazione dei tempi di digestione del pranzo domenicale) che conducono agli sparuti bagni della Siberiano, fantastico sui “varisti” (scopro che li chiamano così) che la Lega ha cercato di tirar giù dal divano. Immagino quello in ciabatte che declina l’invito e quello al centro commerciale con la moglie, che s’affretta a manifestare la sua disponibilità. Qualcuno ci scherza su: ipotizza che i cavi li abbia recisi Simy, deluso dall’esclusione dall’undici titolare.

Quando inizia l’agognata partita, in campo conto almeno dieci casacche fluo: «Sono arbitri o i troppi varisti accorsi?», ci domandiamo, prima di riconoscere i calciatori di movimento del Pisa. Molti dei loro tifosi vanno via: protesta contro il calcio moderno che rispetta (giustamente) presidenti e investimenti ma poi dimentica il popolo. Noi restiamo stoicamente sui gradoni, tant’ormai la domenica è andata. È finita pure male, ma a quello siamo avvezzi. Non balla Taylor Swift, lo fa la nostra difesa. Alle 20 rincasiamo. Penso a mio fratello che organizza le feste di compleanno delle figliole: lui ha sempre un piano B per pioggia o altri contrattempi. Quasi vorrei proporlo alla Lega che di B porta solo il nome, non i piani. Poi mi convinco che alla fine basterebbe solo un passo indietro: era meglio prima. Senza monitor, sì, ma con una giacchetta alla cintola.

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