In scena un uomo comune che dice la sua senza fronzoli e orpelli inutili, che si sofferma sulle persone comuni e la loro vita, storie attraverso le quali si ride delle debolezze e delle incoerenze. Venerdì 2 febbraio (alle 21) al Teatro Charlot, a Pellezzano, tocca a Dado in “Non vedo, non sento e straparlo”. Uno spettacolo di soliloqui e scioglilingua, risate e cavalli di battaglia del comico romano, nome d’arte di Gabriele Pellegrini.
Il protagonista rappresenta un uomo molto simile alle 3 scimmiette, di cosa parla lo spettacolo?
È la fotografia di un uomo di questa epoca storica, filtrata attraverso i social. Porto in scena persone pronte ad esprimere opinioni su qualunque cosa, sulla filosofia del tag, senza avere nessun tipo di preparazione. Mi diletto a fare l’antropologo amatoriale, ho trovato tutto questo singolare, siamo pieni di analfabeti funzionali, di chi si ferma spesso solo al titolo. Straparla è chi si arroga il diritto la sua su una questione che non conosce.
Sale sul palco compiendo 50 anni, un traguardo e un “bilancio”…
La pandemia mi ha mostrato la precarietà del mio mestiere. Tutto potrebbe finire da un momento all’altro. In quattro anni ho scritto e prodotto 4 spettacoli diversi, “Made in Italy”, “Grande, grosso e vaccinato”, “Dado a tutto tondo” e “Non vedo, non sento e straparlo”. Produrre testi nuovi è il lavoro di chi fa questo mestiere, il comico.

Spesso ad accompagnarla c’è sua figlia…
Sì qualche volta, soprattutto nelle date romane. Sul palco e dietro le quinte, è un’ottima producer.
In passato, in un suo personaggio, arrotolava e srotolava le maniche della camicia. Un gesto che le ha portato fortuna, com’è nato?
A Zelig Circus pensai alla mia esibizione come un numero da circo, con la chitarra e la camicia leopardata. Il mio arrotolare e srotolare la camicia era un anti-pezzo, il numero era tutto quello che accadeva prima del pezzo, che poi non arrivava mai.
Tornando allo spettacolo, ci sarà un cavallo di battaglia?
Quello dell’attentatore romano, un evergreen, che però oggi ho trasformato, è un attentatore convertito.
Ha detto una volta che i comici sono fisioterapisti dei muscoli facciali, ma la comicità è cambiata?
La comicità ha sempre lo stesso presupposto, creare una reazione nel pubblico. Cambia, certo, anche in base all’epoca e al costume. Il comico deve tenere sempre conto del punto di vista della società moderna.