Quel musulmano seppellito tra cielo e mare di Positano
Lo scrittore azero perseguitato dai regimi dell’epoca s’era rifugiato nella Divina L’amicizia con la guardia locale Ercolino evitò che le sue spoglie finissero altrove
di VITO PINTO
È . posto più in alto del paese il cimitero di Positano, quasi sospeso tra il cielo di Dio e il mare delle Sirene. Qui numerose lapidi rimandano a nomi di personaggi illustri e di amici scomparsi la cui memoria resta viva in quanti li conobbero.
Tra le tante, una tomba colpisce in modo particolare, per una stele sormontata da un turbante e con la scritta in arabo: “In nome di Allah clemente e misericordioso”. Sotto è il nome del defunto: Lev Abramovic Nussimbaum, meglio conosciuto come Essad Bey. Quando morì sotto il suo capo, per sua volontà, fu posto il Corano come guanciale e fu seppellito con i piedi rivolti verso la Mecca. «Quattro anni più tardi - scriveva John Steinbeck in “Positano” - un ficcanaso pignolo fece una scoperta: la posizione del musulmano era stata calcolata con ogni scrupolo, ma o il compasso non funzionava o la carta era sbagliata, fatto sta che era stato sepolto 28 gradi fuori dalla giusta direzione. Questo era piuttosto grave per una città di mare. L’intera popolazione si adunò, riesumò il musulmano, lo mise nella giusta posizione e lo seppellì di nuovo».
Più tardi si scoprirà che la posizione richiesta da Essad Bey non era ispirata solo a rispetto religioso, ma anche al fatto che, in quel modo, ai piedi della sua tomba il vento avrebbe depositato gli invisibili semi che trasporta nel suo vagare e dai quali sarebbero germogliati fiori che, in terra straniera, nessuno avrebbe mai deposto.
In una lettera dall’esilio al figlio, Trotskij si chiedeva con perplessità: «Ma chi è mai questo Essad Bey?». Scrittore di grande notorietà - in undici anni aveva scritto ben 14 libri e oltre 144 articoli soltanto per la rivista tedesca “Die Literarische Welt" - era nato nell'allora ricca Bakù in Azerbaigian o, secondo quanto detto dall'interessato al suo amico Luigi Ercolino, guardia municipale di Positano, su un treno che dall’Europa andava verso l'Asia, da Abramo Nussimbaum e Berta Slutzki, il primo ricco petroliere ebreo e la seconda rivoluzionaria bolscevica, divenuta amica di Stalin, di cui Bey scriverà, in una corrosiva biografia: «Quell’uomo mi ha portato via la casa, la madre, tutto». Esule e perseguitato dai due grandi totalitarismi del secolo scorso, Essad Bey a 17 anni si convertì all’Islam e peregrinò tra Costantinopoli, Parigi, Berlino, Vienna giungendo anche in America con Erika Loewendahl, sposata agli inizi degli anni ’30 e dalla quale fu tradito e abbandonato prima del suo rientro in Europa. In un articolo del 1931 aveva scritto, forse con una punta di orgoglio: «I numerosi popoli a cui ho fatto visita, i numerosi eventi a cui ho assistito, mi hanno trasformato in un perfetto cosmopolita».
Essad Bey giunse a Positano nel 1938 dalla Svizzera dove si era rifugiato dopo l’annessione dell’Austria alla Germania nazista: ormai da tempo il tranquillo paese costiero - come scriveva Irene Kowaliska - era divenuto il rifugio dalla storia per molti russi ed ebrei europei.
Aveva fama di scrittore anche in Italia, dove i suoi libri erano stati pubblicati da Sonzogno e Bemporad: numerose, infatti, erano le biografie di personaggi storici e contemporanei. Ma, soprattutto, era conosciuto per “Alì e Nino”, romanzo pubblicato a Vienna sotto lo pseudonimo Kurban Said, una delicata storia d'amore tra un giovane musulmano ed una principessa cristiana, sintesi di un utopico anelito dello scrittore di vedere vivere in pace due mondi da sempre contrapposti. Non poche erano state le amicizie letterarie ed artistiche da lui frequentate tra le quali Vladimir Nabokov, Herman Hesse, Martin Buber, Albert Einstein e Sigmund Freud. In Italia strinse amicizia con il filosofo Giovanni Gentile, figura di spicco del fascismo. Al suo arrivo a Positano aveva un libretto di risparmio con sopra tremila lire, una cifra, per l'epoca, ragguardevole; ben presto, però, i risparmi finirono: con la scusa della guerra i suoi editori non gli mandavano più i diritti d’autore, tanto che rappresentò la situazione anche a Gentile, ma non sembra abbia avuto risposte. Nel frattempo si era ammalato, il suo medico curante, Vito Fiorentino, gli diagnosticò la sindrome di Raynaud, una sorta di lebbra che porta alla cancrena degli arti. Per affrontare le indicibili sofferenze doveva assumere morfina, ma non aveva i soldi per l’acquisto: ad aiutarlo furono gli amici, tra i quali Pima Andreae, nobildonna di Rapallo amica di letterati e artisti, la quale interessò del caso anche Ezra Pound, lettore ammirato dei libri di Bey, e che aveva citato “I segreti del Caucaso” in un frammento dei suoi “Canti postumi”. Pound si adoperò perché lo scrittore azero venisse assunto dai servizi di propaganda di Roma a cui egli stesso collaborava.
Era la calda sera del 27 agosto 1942, quando Essad Bey chiuse per sempre gli occhi, velati da lacrime, mentre guardava il mare di Positano, sognando il suo lontano Mar Caspio e la terra natia. Aveva chiesto, come ultimo desiderio, il Corano come guanciale, ma la sera della dipartita il libro era in casa del vecchio medico Vito Fiorentino; Luigi Ercolino corse a riprenderlo per esaudire l’ultimo desiderio dell’amico. Due giorni dopo la morte, a Positano giunsero alcuni funzionari governativi con il compito di prelevare lo scrittore e portarlo in ospedale a Roma per le cure del caso. Luigi Ercolino, guardia municipale e amico fedele, rispose loro che Essad Bey aveva cambiato dimora e non aveva più alcun bisogno.
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