L'INTERVISTA
Michele Serra: «De Luca? Personaggio da Amaca»
Il giornalista a Salerno con il suo monologo teatrale: Vincenzo non è noioso, ma prepotente
Le parole sono le indiscusse protagoniste di “L’amaca di domani. Considerazioni in pubblico alla presenza di una mucca”, il monologo teatrale, comico e sentimentale, impudico e coinvolgente, con il quale Michele Serra approda questa sera, alle ore 21, sui palcoscenici della Sala Pasolini di Salerno. Lo spettacolo è presentato da Spa live in collaborazione con Teatri Uniti, l’allestimento, diretto da Andrea Renzi, si avvale delle scene e i costumi a cura di Barbara Bessiluci, le luci di Cesare Accetta, l’aiuto regia di Luca Taiuti, e s’inserisce nella stagione teatrale 2021/2022 programmata dal Teatro Pubblico Campano, diretto da Alfredo Balsamo.
Michele Serra, stasera è a Salerno. Cosa si devono aspettare gli spettatori dal suo “L’amaca di domani”?
Di non annoiarsi, spero. Un monologo minaccia sempre di essere verboso e stucchevole, perché gira e rigira si tratta sempre di qualcuno che parla per un’ora e rotti. Fin qui nessuno mi ha detto “che noia”, ed è un bel risultato…
Come nasce l’idea di sbarcare a teatro?
Avevo spesso letto in pubblico, miei libri o cose di altri, e mi era piaciuto. La parola pubblica è una piccola orazione, crea comunità. Fino a che mi è venuta voglia di dare un poco più di corpo alla mia presenza sulla scena, con una scenografia, una regia, un testo dalle cadenze specificamente teatrali. Andrea Renzi mi ha molto aiutato a farlo.
Che tipo di pubblico solitamente la viene a vedere a teatro?
In buona parte sono lettori dell’Amaca o di altre mie cose. Più una quota di curiosi, e di abbonati, che di me sanno molto poco. Vale comunque, per gli uni come per gli altri, quello che combino sulla scena. Il bello del teatro è che ti bruci tutto in quell’ora, in quel posto e per quel pubblico. Non ci sono alibi.
Lei è un opinionista di professione e poter scrivere su un giornale quello che pensa è per lei segno di potere o una condanna?
È prima di tutto una fatica. Un lavoro. Da fare con scrupolo perché è il tuo lavoro e per quello ti pagano. Poi dipende molto dai giorni, certe volte mi sento forte e importante, altre volte uno schiavo dell’abitudine. È comunque un mestiere che amo molto, perché amo trattare quella fantastica materia prima che sono le parole.
Sul palco insieme a lei c’è anche una mucca che ascolta quello che lei legge. Bisogna invidiare le bestie, che per esistere non sono condannate a parlare?
Beh sì, la natura ci affascina perché non ha nessuna ansia di prestazione, non deve dimostrare proprio niente. Esiste, e basta. Le bestie sono il nostro specchio muto.
Da artigiano della scrittura come racconterebbe in una sua “Amaca” la Salerno in cui il “deluchismo” non è mai effettivamente andato via?
Un paio di Amache su De Luca le ho scritte, e non erano benevole. Ho ricevuto un po’ di lettere di protesta e un po’ di lettere entusiaste, segno che la persona divide assai. Per fargli un complimento, direi di lui che non è noioso. Per non farglielo, che è molto prepotente.