VIAGGIO INVERSO/24 - BRUNO MARQUARDT
La vacanza a Positano trasformata in scelta di vita
Il pittore tedesco scelse la Costiera come dimora per 45 anni. Struggente ricordo del figlio
di Vito Pinto
Aveva studio in Via Fornillo a Positano Bruno Marquardt, pittore tedesco: giunse nel 1936, seguendo una principessa russa che lo aveva incaricato di realizzare le illustrazioni per un suo libro di argomento italiano. E fu la scoperta della "città verticale", dove restò sino alla morte avvenuta nel 1981 e nel cui cimitero riposa guardando quella costa e quelle case che lo avevano rapito e incantato, quel mare dove vagolavano le barche tante volte dipinte "con acume e perizia, reggendo il gioco delle allusioni e delle metafore, incastrando il colore con bellissimo effetto".
A Positano conobbe e sposò Emilia, detta Pupa, della famiglia Tuttavilla di Calabritto, sfollata nel centro costiero a seguito dei bombardamenti su Napoli che avevano fatto crollare metà del loro palazzo avito in Piazza dei Martiri.
Nel ricordo del figlio Alberto, Marquardt era persona "disponibile verso tutti, sempre umile e profondamente rispettoso, raffrontandosi allo stesso modo sia con un critico d'arte, un gallerista o un acquirente, così come con la famiglia Lucibello o i fratelli Grassi ambedue gestori del nolo d'imbarcazioni sulle spiagge di Positano, facendosi sempre dare del tu da tutti". Virtù dei grandi!
Figlio del gelido Baltico, Bruno Marquardt era nato a Insterburg nella Prussia Orientale, ma la sua discendenza d'arte e di comportamento era direttamente dagli uomini del Rinascimento italiano, per cui non era ipotizzabile una convivenza col Nazismo. Dopo gli studi a Koenisburg e a Berlino, abbandonò la Germania vivendo alcuni anni tra Parigi e la Spagna, alle isole Baleari, dove "da alcuni pescatori polinesiani - dice il figlio Alberto - imparò a costruirsi degli occhialini per la pesca subacquea di cui era un appassionato". Un rapporto con il mare profondo quello di Bruno Marquardt, tanto da essere documentato, nel 1946, dell'Istituto Luce, con il filmato "Positano. Colori in libertà", dove l'artista era ripreso mentre dipingeva in acqua e quando un colore non lo soddisfaceva immergeva la tela sott'acqua: ed era la catarsi dell'arte, la redenzione dello spirito.
In un articolo del 1995, Isabella Q. De Filippo così lo ricordava: "Ricco di umanità e senso di humor, pronto a interessarsi di tutto e a tutti, Bruno è stato, negli ultimi anni '40 e i primi del '50 un punto di riferimento per tutti noi 'stranieri', più o meno 'artisti' presenti a Positano. Il suo studio accogliente, pieno di luce, di tele, di ordinata confusione, era un luogo di incontro favorito; ammirare un suo nuovo quadro e parlare con lui significava imbarcarsi in un'avventura che ti portava a toccare i temi più disparati ed interessanti dell'arte e della vita. Si usciva di lì gratificati, migliorati".
E' facile immaginare quest'uomo alto, esile, nel suo piccolo studio luminoso, mentre parla il suo italiano perfetto, che, solo nell'accento gutturale, rivela la sua origine germanica; è avanti al cavalletto, intento a dipingere le "sue" barche: barche e case, barche e reti e figure umane… A chi gli chiedeva il motivo ris. pondeva: "E' una scelta inconsapevole, forse dettata dalla mia origine baltica, forse dalla vita attuale in questo paesino tutto proteso sul mare, o forse perché il mondo delle barche ha una certa poesia misteriosa".
Nel 1966 Italia Cinque, nel ricordo dell'artista venuto dal nord, su "Il Diario di Positano" scriveva: "Non ha nostalgie, il mondo della sua prima gioventù non c'è più, il suo paese non esiste ormai neanche sulle carte geografiche, perché è entrato a far parte della Repubblica Sovietica: perciò il suo ambiente, i suoi affetti, la sua vita sono qui, in questa soleggiata casa positanese, accanto alla moglie, al vivacissimo figlio Berto, ai suoi quadri, ai suoi libri e alla sua tavolozza sempre in fermento".
Amore per la famiglia! Ricorda, ancora, il figlio: "L'ho sempre avuto vicino, ho sempre sentito la sua vicinanza e il suo amore in ogni situazione e non ricordo di aver mai avuto problemi d'incomprensione con lui". E per festeggiare la nascita del figlio, verso la fine degli anni '50, l'artista raccontò, con una serie di tavole, la storia di una tartarughina che affronta i primi anni della sua vita.
Artista affermato, Marquardt espose, con notevoli successi, a New York, Berlino, Roma, Londra, partecipando anche a diverse Biennali di Venezia. Nel 1947 alla Galleria Forti di Napoli presentò in mostra, dodici opere di varie tecniche tutte dedicate a Positano. Ricordava il critico Carlo Barbieri che Marquardt nei suoi lavori "raggiunge felicissimi effetti dove nobilmente si bilanciano grazie di fantasia e ben colorate materie pittoriche".
Le sue frequentazioni erano con tutti gli altri artisti che in quegli anni avevano trovato a Positano un tranquillo rifugio dalla pazza storia degli uomini, ma era molto amico di Kurt Craemer e Karli-Sohn-Rethel. Ai ricevimenti mondani preferiva le serate con gli amici. Ricorda Isabella Q. De Filippo: "Una volta Bruno e Pupa vennero a cena da noi - allora ero sposata con lo scrittore inglese Alec Smith - e ci trovammo così bene insieme a parlare, ascoltare musica e fare fotografie dal terrazzo con Giulio Rispoli, che rimasero da noi per due giorni. Così era la vita a Positano, interessante e varia, vicino alla natura splendida e ad artisti come Bruno che ammantavano di magia sia la vita che l'arte".
Sono trascorsi gli anni e Positano è salita sempre più verso il cielo. Quanto è cambiata! direbbero quegli artisti che l'abitarono. Ma a guardarla dall'alto ritorna alla mente ciò che Marquardt diceva: "Che cosa meglio dell'architettura delle case positanesi può ispirare i pittori cubisti?".
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