L’anarchico salernitano che morì in Spagna per difendere la libertà
Vincenzo Perrone, ferroviere, eroe antifranchista Oggi in città neppure una targa per ricordarlo
di ALESSIO DE DOMINICIS
Una singolare coincidenza di date e di circostanze lega le esistenze del grande poeta andaluso Federico Garcìa Lorca e di Vincenzo Perrone, ferroviere anarchico salernitano: coetanei ed entrambi uccisi dal piombo franchista nell'agosto del 1936, furono tra le prime vittime della guerra civile spagnola. Ma le loro giovani vite sono, è fin troppo ovvio, diversamente note. Sul poeta esiste una letteratura biografica sterminata, legata anche al giallo della sua uccisione. La vicenda umana e politica di Vincenzo Perrone è rimasta invece per decenni oscurata dalla censura e nota solamente a qualche storico di controtendenza, rievocata negli scritti e nelle memorie delle sinistre eretiche e dei circoli anarchici (secondo i dati registrati dal Fronte anarchico italiano furono 653 gli anarchici italiani combattenti in Spagna). Nel 1999, nel centenario della nascita, un libro dell'autore-editore Giuseppe Galzerano (Vincenzo Perrone. Vita e lotte, esilio e morte dell'anarchico salernitano volontario della libertà in Spagna) ricostruì con rigore documentario il profilo biografico di Perrone, la sua militanza politica e le condanne subìte da parte del regime fascista italiano, le peregrinazioni da confinato politico fino all' espatrio clandestino del 1933, in Francia prima e poi in Tunisia, le frequentazioni con quadri politici di alto livello quali Carlo Rosselli, Emilio Lussu, Carlo Berneri, Ernesto Danio e altri. A dispetto di quella riscoperta, il personaggio Perrone, è ancora misconosciuto: non una targa, né una strada per ricordarlo.
Nell'agosto del 1936 Perrone decide di unirsi alle prime Colonne volontarie di fuoriusciti antifascisti, costituite esclusivamente da militanti di Giustizia e libertà, anarchici e pochi comunisti (essendo la dirigenza politica del P.C.d'I. contraria in quella fase all'intervento militare) e varcare i Pirenei per la lotta armata contro franchisti e falangisti.
Questi ultimi avevano come motto la frase coniata in quel fatidico 1936 dal loro generale Millàn Astray all'università di Salamanca: interrompendo un discorso del rettore Miguel de Unamuno, uno tra i maggiori intellettuali della Spagna moderna, il generale, acclamato dai falangisti presenti nell'aula, pronuncia la frase "Abbasso la intelligenza. Viva la morte!" , e Unamuno continuando "...questo è il tempio dell'intelligenza e io sono il suo gran sacerdote. Siete voi che profanate il suo sacro recinto. Voi vincerete perché avete la forza bruta in abbondanza. Però non convincerete perché per convincere è necessario persuadere. E per persuadere è necessario avere qualcosa di cui voi mancate : ragione e diritto nella lotta. Considero inutile esortarvi a pensare in Spagna. Ho finito". Questo episodio, meglio di qualsiasi discorso storiografico, traccia il profilo e la temperie di un epoca, del lungo sonno della ragione disceso sull'Europa di quegli anni che precedono la catarsi, il tragico epilogo della guerra mondiale. Contro questa corrente di annientamento e di sopraffazione che si andava radicando in Spagna come in Germania e in Italia si vanno costituendo i primi nuclei di resistenza, ma, come aveva previsto Unamuno, ragione e diritto sono sconfitti dalla brutalità al potere.
A un mese dall'inizio della guerra avviene il primo importante scontro a fuoco tra il piccolo nucleo di resistenza di cui Perrone faceva parte e i franchisti. "La Colonna Italiana ha il suo battesimo di sangue all'alba del ventotto agosto 1936 a Monte Pelato, un altopiano situato nella vasta pianura aragonese, tra Huesca e Almudévar. Appoggiati da un cannone e da alcune autoblinde, più di 500 franchisti muovono all'attacco delle posizioni degli antifascisti italiani, che li respingono subendo però forti perdite. Fra i caduti ci sono il repubblicano Mario Angeloni, comandante della Colonna, l'anarchico Michele Centrone, il giellista Giuseppe Zuddas, l'anarchico Fosco Falaschi, il comunista Attilio Papparotto e l'anarchico Vincenzo Perrone". Così il giornale Giustizia e Libertà numero 36 del 4 settembre 1936, da Parigi dove si pubblicava, riporta la notizia della battaglia, combattuta con grande disparità di uomini e di mezzi con i franchisti quattro volte più numerosi degli italiani, e nel numero successivo dell'11 settembre lo stesso giornale rende onore al sacrificio di Vincenzo Perrone. Altri fogli periodici e quotidiani esteri rievocano e rendono omaggio alla sua figura di combattente ed il saggio biografico di Galzerano li elenca tutti nella corposa appendice biografica che correda il volume del 1999, facente parte della collana Atti e memorie del Popolo. Nello stesso volume sono inserite oltre 50 riproduzioni di foto e documenti riguardanti l'anarchico salernitano e il contesto storico di persone e avvenimenti che lo riguardarono. Un lavoro quindi di scrupolosa ricerca ha contrassegnato l'impegno dell'autore, la cui omonima casa editrice celebra quest'anno un quarantennio di attività. Ma è anche vero che l'antica censura o rimozione dalla memoria collettiva di quel nome è ancora operante, ancor più nella città di Salerno che lo vide nascere al civico 2 dell'attuale vicolo Gaetano Esposito, tra le Fornelle e Largo Campo. La proposta di dedicare una strada o una targa a Perrone, avanzata a suo tempo da Galzerano non è mai stata neppure considerata dall'amministrazione comunale e, stando alle ricerche di questi, negli atti dell'anagrafe non risulta registrata neppure la data di morte. Gli unici documenti statali d'archivio a lui intestati sono ovviamente le condanne penali con le note della Prefettura e della polizia politica, raccolte nel fascicolo del Casellario Politico Centrale presso l'Archivio Centrale, ed il foglio matricolare che ne attesta il reclutamento per il fronte di guerra nel 1917-1918 e , con i " ragazzi del '99" , virtualmente Cavaliere di Vittorio Veneto.
Ma Perrone fu realmente un cavaliere, cavaliere romantico di un' epoca passata e d'un'idea che resta; ad attestarne l'attualità sono sufficienti, ancora nell'Europa di oggi, i negati diritti all'accoglienza per quelli che fuggono dalle guerre e dalla miseria, la perdita del lavoro, le spinte nazionalistiche, gli odi e le discriminazioni razziali e religiose ed i venti di guerra che soffiano sul Mediterraneo.
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