PASSEGGIATE NELLA STORIA
Il viaggio di Tait Ramage attraverso il Cilento
Il letterato scozzese nel 1828 s’incamminò per un Grand Tour da Agropoli a Sapri e scrisse: «Ho trovato persone ospitali»
Quando non esistevano viaggi organizzati, tour operator o crociere low cost , i giovani europei avevano un solo modo per conoscere il mondo: partire per il Grand Tour. A intraprendere questo particolare viaggio erano, di solito, i rampolli di buona famiglia: neo-laureati, aspiranti politici, artisti, poeti, scrittori e giornalisti che andavano alla scoperta della cultura del loro continente attraverso la conoscenza delle opere del passato, dei reperti archeologici e il contatto diretto con la storia, le tradizioni, i costumi, la lingua e la vita quotidiana delle popolazioni. La meta più gettonata era l’Italia, con le sue straordinarie bellezze naturali e paesaggistiche, le tracce di civiltà passate e il numero incredibile di opere d’arte. Le tappe obbligate erano Venezia, Firenze, Roma e Napoli ma c’era chi si spingeva fino a Pompei e a Paestum, alla scoperta delle rovine della città sepolta dall’eruzione del Vesuvio del 79 d. C. e dei favolosi templi greci di Poseidonia.
Pochi quelli che osavano avventurarsi più giù, nel selvaggio Cilento, nella Calabria e nella Sicilia, per riportare nei loro taccuini e nei loro diari interessanti ed emozionanti descrizioni dei paesi, dei costumi, della gente e delle condizioni di vita del tempo. Di questi viaggiatori, uno dei più intraprendenti e coraggiosi fu lo scozzese Craufurd Tait Ramage. Nato ad Annefield, nel distretto di Edimburgo, il 10 settembre 1803, ministro della chiesa scozzese e laureato in lettere all’Università di Edimburgo, nel 1825 si trasferì a Napoli in qualità di precettore dei figli del console inglese sir Henry Lushington.
Tornato in patria, nel 1839 sposò Mary Paterson; che gli avrebbe dato cinque figli. Nominato preside della Wallace Hall Academy di Closeburn, fu poi giudice di pace della Contea di Dumfreisshire. Morì a Wallace Hall il 29 novembre del 1878. Nell’aprile del 1828 Ramage intraprese un avventuroso viaggio, il cui resoconto, annotato quotidianamente in lettere, taccuini e diari, venne dato alle stampe, in inglese, nel 1868 col titolo di “The Nooks and By-ways of Italy” e successivamente, tradotto in italiano, con il titolo di “Viaggio nel Regno delle Due Sicilie”. Un estratto dell’opera, col titolo di “Attraverso il Cilento”, è stato pubblicato in volume, nel 2013, dalle Edizioni dell’Ippogrifo di Sarno. Ramage si avventurò nel Cilento alla ricerca delle testimonianze e dei reperti archeologici di epoca greco-romana e, più in generale, delle sopravvivenze classiche in una terra notoriamente ricca di storia.
All’estremo lembo meridionale della Campania sono dedicate circa cento pagine del libro, in cui l’autore offre un resoconto fedele e attendibile di un territorio e dei suoi abitanti attraverso incontri con persone di ogni ceto sociale: dai nobili ai contadini, dagli artigiani ai pescatori, dai professionisti agli analfabeti, al tempo la stragrande maggioranza. I cilentani sono all’apparenza sospettosi, scostanti, taciturni ma nei rapporti personali mostrano gentilezza, rispetto, disponibilità e sono sempre pronti a dividere con gioia il poco pane posseduto per un radicato e antico senso dell’ospitalità. Ramage non ne nasconde però i difetti: il pressappochismo e la mancanza di industriosità, comuni a gran parte del territorio cilentano.
Ma alla fine l’autore scozzese non può che concludere: «Tutto ciò che ho potuto osservare di questa gente mi piace; nulla può superarne la bontà, la cortesia e l’ospitalità dimostratami senza distinzione, da tutti quelli che ho avvicinato». La scelta delle tappe dell’itinerario di Tait Ramage è legata principalmente all’influenza della civiltà classica dei Greci e dei Romani. Lasciata Napoli, lo scozzese partì da solo, a piedi (secondo l’uso del Grand Tour) in compagnia dei suoi taccuini, di un cappello di paglia per ripararsi dal sole e di un ombrello per proteggersi da eventuali piogge. Con l’aiuto di alcune carte geografiche si diresse verso il Sud e Sud-Est, raggiungendo, in pochi giorni, Agropoli, Torchiara e Mercato Cilento, per poi risalire la cima del Monte Stella e avviarsi verso Stella Cilento e Acquavella, attraversando la Valle dell’Alento e visitando Velia, con il suo castello abbandonato di Castellammare della Bruca. Raggiunse quindi Ascea e man mano Pisciotta, Centola, Palinuro, Camerota, San Giovanni a Piro, Policastro e Sapri. Durante questi spostamenti, come riporta nel suo diario, più che dalla presunta “ferocia” dei cilentani, lo studioso rimase colpito dal contrasto tra la bellezza dei paesaggi e l’arretratezza delle zone a Sud di Salerno, dove si era potuto rendere conto di persona del degrado, della povertà e dei mille altri problemi in cui viveva la popolazione.
Nonostante lo scopo iniziale del viaggio, dettato solo da un interesse storico e dal desiderio di ricerca delle antichità e dei luoghi resi celebri dagli autori classici, Ramage ebbe modo di scoprire un paesaggio ineguagliabile e “nobile”, comprensivo delle «usanze e costumi degli abitanti, delle loro superstizioni e del loro pensiero religioso». E in alcuni brani del libro la simbiosi di storia e natura appare davvero straordinaria. Grazie a questo interessante e fascinoso reportage, Tait Ramage ebbe vasta notorietà nelle regioni del nostro Meridione ma le sue pubblicazioni più note sono antologie di autori classici greci, latini, italiani, francesi, tedeschi e spagnoli.