PASSEGGIATE NELLA STORIA

Don Pentagna, sacerdote amico dei giovani

Ordinato nel 1876, da Scario si spostò in Brasile per aiutare la comunità cilentana. Tornò in paese e realizzò la nuova chiesa

Sottolineando, recentemente, l’importanza dell’opera pastorale della Chiesa in questo periodo storico di cambiamento e di accoglienza, Papa Francesco ha ricordato quei sacerdoti che con la loro vita e il loro esempio hanno mostrato ciò che dà forma al volto del Buon Pastore. «La migliore parola - ha detto il Santo Padre - nasce dalla testimonianza che ho ricevuto da tanti sacerdoti nel corso degli anni. Ciò che offro è frutto dell’esercizio di riflettere su di essi, riconoscendo e contemplando quali erano le caratteristiche che li distinguevano e davano ad essi il coraggio, la gioia e la speranza nella loro missione pastorale».

Se avesse potuto conoscere don Cesare Pentagna, primo parroco di Scario, lo avrebbe senza dubbio inserito tra questi sacerdoti. Cesare Pentagna nacque a Scario il 29 maggio 1854 - primo di nove figli - da Saverio, pescatore della ridente marina, e da Giuseppina Sorrentino, casalinga, di San Giovanni a Piro. Un’infanzia felice, quella del piccolo Cesare, vissuta nell’incanto luminoso della natura del luogo, sia pure in una famiglia numerosa costretta ad un’esistenza di sacrifici e con ben poche garanzie per il futuro. Frequentatore assiduo della chiesetta di Santa Maria della Consolazione, a due passi da casa, benvoluto dai sacerdoti che si alternavano, la domenica, a dir messa nel borgo marinaro, Cesare mostrò presto la sua vocazione religiosa che gli consentì prima di frequentare il Seminario di Policastro e quindi, supportato dal Vescovo del tempo Mons. Giuseppe Cione, che provvide al pagamento della retta, di completare gli studi a Salerno. Ordinato sacerdote il 22 giugno 1876, don Cesare Pentagna divenne subito il “riferimento spirituale” per la piccola comunità di Scario, un giovanissimo “padre”, umile, amabile e soprattutto attento alle necessità di tutti.

Ma don Cesare voleva fare esperienze nuove e importanti affinché il suo ministero e la sua azione pastorale fossero sempre più al passo coi tempi. Decise perciò di recarsi in Brasile, per svolgere attività di insegnante di Lettere e di Dottrina cristiana in quelle terre lontane, dove la presenza di emigrati italiani, in particolare cilentani, era numerosa e bisognosa di sostegno spirituale. Ricevuto il nulla osta del Vescovo, nel 1879 si imbarcò nel porto di Napoli e, sbarcato a Santos, raggiunse lo Stato di Minas Gerais, dove potè contare sull’accoglienza di una comunità ecclesiastica che, proveniente dalla Diocesi di Policastro, svolgeva già da tempo il ministero pastorale. Grazie ai confratelli fu accolto da un ricco e noto “fazendeiro”, José Ribeiro Castro, che gli affidò l’incarico di insegnante per le proprie figlie e i figli di parenti e amici che frequentavano la sua immensa fazenda. A don Cesare non sfuggì la possibilità di lavoro offerta dalle terre del Minas Gerais, dov’erano fiorenti l’allevamento del bestiame, la produzione di latte e derivati, di frutta e verdura, di mais, di canna da zucchero e di caffè, con una enorme richiesta dai mercati di Rio de Janeiro e di San Paolo, città in forte espansione.

A don Cesare non sfuggì nemmeno la preoccupazione di don Josè per l’avvenire delle figlie che, pur belle, ricche e in età da marito, non avevano ancora trovato il compagno della vita. Don Cesare, cogliendo il segno della Provvidenza, pensò ai suoi fratelli e si fece raggiungere nel Minas Gerais prima da Nicola e poi da Vito, Pasquale e Gaetano. I primi tre sposarono le tre figlie di don José, divenendo così parte integrante della gestione del ricco patrimonio della fazenda. Aperta ai fratelli la porta del successo, nel 1884 don Cesare rientrò a Scario, ove riprese la sua duplice attività di sacerdote e di insegnante di Lettere al Seminario di Policastro. Nell’amato borgo il suo impegno fu decisivo per la costruzione dell’attuale chiesa dell’Immacolata, attesa l’insufficienza della seicentesca cappella di Santa Maria della Consolazione all’accresciuta popolazione del paese. E ad opera realizzata, don Cesare Pentagna fu l’Arciprete curato del nuovo tempio. Forte e altrettanto decisivo fu il suo impegno per la realizzazione dell’elegante campanile, realizzato nel 1910. Era sempre più avvertito, intanto, il grave problema dell’assenza di un cimitero, per cui gli abitanti della marina erano costretti a seppellire i loro morti a San Giovanni a Piro. Don Cesare non si perse d’animo e nel 1920, a 66 anni, ripartì alla volta del Brasile per raccogliere, tra gli emigrati scarioti nel Minas Gerais e con il generoso contributo dei fratelli, il denaro occorrente per la costruzione del cimitero di Scario. Opera che fu realizzata nel successivo 1921, in località “Torre dell’Oliva”, a due passi dal mare.

Ma l’impegno umano e pastorale di don Cesare non si esaurisce qui. Tramite i buoni uffici del Vescovo Mons. Francesco Cammarota, infatti, riuscì, nel 1931, a far ottenere a Scario l’istituzione della Parrocchia, della quale fu il primo parroco. Fino alla sua morte, giunta all’età di 91 anni, nel 1945, don Cesare fu una “figura centrale” per tanti giovani dell’epoca, amatissimo da tutti per la sua affabilità, disponibilità, socievolezza, umanità, cultura. Una testimonianza di immenso e viscerale amore per Scario e per la sua gente. Sarebbe un giusto e doveroso atto di gratitudine - a mio sommesso parere - intitolare a don Cesare Pentagna, primo, grande parroco di Scario, la piazza principale della cittadina che si allarga davanti alla parrocchiale dell’Immacolata.