Può essere considerato, a ragione, l’ambasciatore del fagiolo di Controne nel mondo. Non gli piace l’etichetta di imprenditore agricolo, ama definirsi contadino; nell’accezione più autentica del termine, cioè di essere umano che trae sostentamento dalla terra e che la rispetta, lavorandola con pratiche agronomiche che si richiamano il più possibile, anche se necessariamente aggiornate, a quelle della tradizione. Le sue produzioni sono bio non da oggi, ma da sempre.
L’attività agricola di Michele Ferrante ha inizio agli inizi degli anni Novanta. “Cominciai tra il ’92 e il ’93 sui terreni di mia madre e poi l’azienda è cresciuta fino a raggiungere le dimensioni attuali di 10 ettari tra Controne, Postiglione e Castelcivita”. Dalla produzione di famiglia di olive e fagioli destinati per lo più all’autoconsumo, un po’ alla volta Michele Ferrante ha incrementato e diversificato le produzioni destinate esclusivamente alla vendita. “Oggi – racconta – il titolare è mio figlio Angelo e produciamo dai 45 ai 70 quintali di fagioli all’anno, olio extravergine, peperoncino piccante, un po’ di spezie ed erbe aromatiche”.
Per un prodotto di nicchia, qual è il fagiolo di Controne, da anni riconosciuto presidio Slow Food, si tratta di quantitativi significativi. “La produzione di fagioli si sviluppa su 3- 4 ettari, lungo filari realizzati con reti sostenute da pali di castagno, circa 1.500-2.000 per ettaro. Purtroppo al momento non esistono ancora reti biodegradabili, ma quelle che utilizziamo poi le conferiamo ad impianti di smaltimento autorizzati con ulteriori costi aggiuntivi”, racconta Michele, spiegando l’unica innovazione introdotta rispetto all’antica consuetudine dell’utilizzo delle canne, “ma sia la semina che la raccolta vengono fatte esclusivamente a mano”.
La commercializzazione inizialmente avveniva con il passa parola, ora circa l’80% del prodotto va all’estero grazie anche alla partecipazione a specifiche fiere di settore, ultima in ordine di tempo quella di Merano ospite nello stand di Confagricoltura Salerno, di cui è diventato ed è socio entusiasta. “Esportiamo in Usa, Giappone, Taiwan, Scandinavia, Svizzera, Germania, in confezioni sottovuoto da tre etti, 5 etti e un chilogrammo. Lavoriamo – spiega – quasi solo con i ristoratori, che non fanno questioni di prezzo o di pagamento ma ai quali, giustamente, bisogna assicurare puntualità delle consegne e garantire i quantitativi stabiliti perché hanno il fagiolo di Controne nel menù”. Condizioni contrattuali che devono fare i conti anche con il cambiamento climatico. “Il fagiolo ne risente perché o piove sempre o c’è un caldo afoso. Si è ridotta la resa e il fagiolo soffre anche in campo, e poi c’è il problema dell’acqua. Quella del fiume Calore la stanno estinguendo con le captazioni”.
Anche l’olio Evo è destinato esclusivamente alla ristorazione. “E’ un blend di rotondella e carpellese. Quest’anno è stata un’annata storica, sia per qualità che per quantità. Davvero straordinaria, oltre ogni più rosea previsione”. Ma come dicevamo, all’arco di Ferrante ci sono altre frecce, tra queste le spezie (la polvere di bucce di agrumi essiccate) e le erbe mediterranee (rosmarino, salvia e origano di montagna), ma soprattutto il peperoncino piccante. “Il peperoncino si vende secco e ne produciamo, grazie anche ad altre aziende che ci aiutano, tra i 60 e i 70 quintali all’anno, partendo da una base di circa 300 quintali di prodotto fresco. Il processo di essiccazione avviene al naturale in locali ben ventilati. Anche questo è un prodotto autoctono e mi sto adoperando per farlo riconoscere dalla Regione. La maggior parte -spiega – è destinata ad un americano che la fa lavorare ad un’azienda del Nord Italia per la produzione di salse piccanti, un’altra quota va ad un distributore sotto forma di polvere e un restante 30% a ristoratori, tra cui molti chef stellati. Ormai la produzione di peperoncino ha superato quella del fagiolo”. La nostra conversazione è giunta al termine, Ferrante ci saluta con una considerazione finale: “Ho fatto questo lavoro per passione e ho avuto tante soddisfazioni. Certo, si vive anche di soldi ma soprattutto di soddisfazioni. Sto bene con me stesso, sono libero”.