“La vita di una persona è scandita da epoche che durano al massimo vent’anni”. Così, utilizzando la frase del famoso artista figurativo americano Alex Katz, il noto regista teatrale e attore salernitano Andrea Carraro descrive la sua esperienza di conduttore radiofonico quando, all’età di 22 anni, appena laureato in Giurisprudenza, iniziò la sua esperienza. «Il periodo che va dalla fine degli anni ’60, primi anni ’70, fino al periodo di “Mani Pulite”, nel 1992, è stato importante per quelli della mia generazione – racconta – Anche a Salerno scoppiò il boom delle radio libere che fu un momento di grande libertà: diede la possibilità a tanti giovani di dare voce alle proprie speranze, alle proprie ambizioni. Le radio libere misero in evidenza che c’era un’autenticità di pensiero di una generazione».
A metà degli anni settanta, esattamente nel 1975 con la riforma della Rai, nacquero le prime radio private che anche a Salerno erano tante: “Radio Bussola 24”, del mitico Teodoro Maffia, che continua a trasmettere, “Radio Salerno 1”, “Radio Onda Libera”, “Radio Stella”, “Radio Salerno City”, “Radio Tris Salerno”, “Radio Panorama”, del mitico Pippo Cotticelli, che fu il primo in Italia, nel 1979, a fare la radiocronaca in diretta delle partite del Campionato di Serie C della Salernitana, una specie di “Tutto il calcio minuto per minuto”. Nelle trasmissioni delle radio locali era previsto anche l’intervento del pubblico da casa con il telefono. Quando entrò per la prima volta in una radio locale?
Iniziai con un programma su “Radio Salerno Tribuna” inventandomi un nome d’arte: Eliogabalo, che fu un imperatore romano. Gli ascoltatori del mio programma, con i quali interagivo telefonicamente, e che simpaticamente prendevo anche un po’ in giro, si convinsero che il mio nome fosse Elio e il cognome Gabalo. Ebbi un discreto successo tanto da incuriosire Piero Cosentino, il simpatico editore e co-proprietario di “Radio Salerno 1” insieme a Giovanni Di Blasi e Carmine (Nino) Nigro. Cosentino mi chiamò e mi propose di entrare a far parte del suo team. Chiudemmo il contratto al ristorante “Il Fusto D’Oro”, in Via Fieravecchia, davanti a un piatto di spaghetti: non volevo soldi e quindi stabilimmo che ogni mese potevo prendere 15 Lp al negozio “Disclan” di Luciano Maysse che collaborava con la radio”.
Quali programmi hai condotto a “Radio Salerno1”?
Iniziai con “Radio Giovani” e poi, la sera tardi, il programma “Zuppa” nel quale proponevo dischi un po’ out che la gente non comprava molto tipo quelli degli Skiantos. Condussi poi, la domenica mattina dalle 10 alle 12 il programma “Skenè” che significa scena, palcoscenico: facevamo interviste in studio, anche scomode, ai personaggi noti e meno noti salernitani, e anche in esterno con Paolo Carrino che trasmetteva in diretta le interviste ai concerti, come quello di Antonello Venditti, o a personaggi famosi come a Massimo Troisi al quale, in un locale di Cava de’ Tirreni, pose una domanda inusuale per il personaggio, che recitava solo in dialetto napoletano: “Perché non si cimenta con la Medea di Euripide? Chiese Carrino. Troisi, sorprendendo tutti, cominciò a parlare con competenza di Euripide e della sua drammaturgia e alla fine disse all’intervistatore, sorpreso:” Che ne pienze guaglio’?”.
Ricordi i nomi dei tuoi compagni di Viaggio?
In quella radio, dove si respirava un’aria gioiosa, ho conosciuto delle persone veramente eccezionali come il compianto Pasquale Palumbo che mi è rimasto nel cuore: aveva una competenza musicale notevole. Lì ho conosciuto Edoardo Scotti, che conduceva un programma folle, con la voce esterna di Mariano Ragusa, nel quale inventavano personaggi un po’ come facevano Renzo Arbore e Gianni Boncompagni, che hanno rivoluzionato il modo di fare radio con la loro famosa trasmissione “Alto Gradimento”, nella quale si usava un linguaggio “parlato”, improvvisato. A Radio Salerno 1 c’erano anche la giornalista Ketty Volpe, che aveva una voce bellissima, di una teatralità notevole; Paolo Pollina che trasmetteva musica di alto livello; Antonietta Piscione, Vincenzo Nigro. C’erano anche Sandro Nisivoccia, Regina Senatore e Felice Avella con i quali facevamo una trasmissione che si chiamava “Il Rompiballe”: recitavano delle scenette divertenti scritte da Enzo Todaro. C’era poi Alfonso Andria che proponeva le canzoni classiche napoletane. Avevamo ascolti incredibili! Quando uscivamo dalla redazione di via Roma la gente ci aspettava per conoscerci e congratularsi con noi. Il nostro successo era merito anche dei tecnici con i quali lavoravamo in simbiosi: ricordo che quando alla consolle di regia, dietro il vetro, c’erano Tommaso Siani, oggi direttore de’ “la Città”, o Francesco Cantalupo, mi sentivo molto tranquillo. Tommaso, in particolare, era una macchina da guerra: riusciva a gestire tutta la strumentazione contemporaneamente, velocemente, divertendosi. Alla fine della trasmissione ci facevamo i complimenti a vicenda. Poi avevamo un grande direttore: Enzo Todaro che aveva una linea editoriale sempre molto precisa, a volte anche trasgressiva e controcorrente. Ci lasciava molto liberi perché si fidava di noi.
È cambiato il modo di fare radio oggi? O qualcosa di quel mondo è ancora proponibile?
Quel modo di fare radio oggi forse annoierebbe. Come dice il mio amico Edoardo Scotti: i tempi sono cambiati. Noi facevamo trasmissioni che duravano anche un’ora. Adesso la soglia di attenzione non supera i 3 – 4 minuti: bisogna essere veloci, ritmici, sintetici.
Nel 2023 sono stati 36,3 milioni gli italiani che ogni giorno hanno acceso la radio anche solo per cinque minuti. Lei ascolta ancora la radio?
La ascolto molto in macchina. Tutti gli attori amano la radio più che la televisione perché la radio è l’elogio della parola. La radio continua a conservare la sua magia: è un’amica fedele, è una meravigliosa compagna di vita.