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Il mio 25 Aprile e la Libertà, ecco due eroi salernitani

di Enzo Todaro*
Il mio 25 Aprile e la Libertà, ecco due eroi salernitani

La ricorrenza del 25 Aprile mi riporta alla memoria la conquista della libertà di pensiero, il ripristino delle libertà democratiche. La lotta partigiana e il martirio di tante donne, di tanti uomini trucidati dalla tedesca rabbia e da gruppi di nazifascisti nella lotta per il ritorno di una nazione libera e democratica.

Avevo circa dieci anni quando, nonostante la giovane età, mi resi conto che i miei genitori noti antifascisti e segnalati dall’OVRA, la polizia segreta fascista, non sarebbero stati internati in un campo di concentramento. Gli avventori di locali pubblici al segnale del giornale radio non sarebbero stati più costretti a scoprirsi il capo, e se seduti alzarsi in piedi.

Soprattutto, provai piacere alla notizia che gli internati nel campo di concentramento della contrada “Ferramonti“ del comune di Tarsia, in provincia di Cosenza, erano stati rimessi in libertà.

Ma chi erano gli “ospiti“ del campo di concentramento calabrese? In maggioranza erano ebrei e cittadini di alcuni paesi balcanici della Polonia, della Cecoslovacchia. Il soffio della riconquistata libertà individuale li riportò in patria. Alcuni noti professionisti scelsero di riprendere l’attività in Italia come un noto chirurgo polacco e un maestro di violino.

Il 25 Aprile 1945 si fece anche la conta dei morti ammazzati in conflitto a fuoco con i nazisti e i fascisti. Non pochi morirono fucilati alle spalle. Il 25 Aprile mi ha spinto a rileggere il volume edito da “Mondadori”, che racchiude le “Lettere di condannati a morte della resistenza italiana”.

Due partigiani nativi rispettivamente di Cava de’ Tirreni e di Auletta, hanno scritto prima di essere fucilati, i motivi della loro resistenza

alle truppe nazifasciste che occupavano il centro- nord dell’Italia. Il riferimento è al Generale di Brigata Aerea, Sabato Martelli Castaldi, nativo della città metelliana. Trucidato il 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine. Gli fu concessa alla memoria la Medaglia d’oro al Valor Militare.

Quando ancora era detenuto nel famigerato carcere di via Tasso a Roma scrisse sul muro della cella:

“Quando il tuo corpo non sarà più, il tuo spirito sarà ancora più vivo nel ricordo di chi resta. Fa che possa essere sempre di esempio”.

Era di Auletta (Salerno) Raffaele Giallorosso, di anni 24, calzolaio. Soldato del Reggimento “Nizza Cavalleria”. Fucilato il 10 marzo 1945 a Ponte Chisone (Pinerolo) con altri quattro Partigiani.

Due esempi di fulgido eroismo che vanno ricordati ogni qualvolta si avvertono nel nostro paese chiari sintomi che inneggiano al passato.

*Presidente Ags, Associazione giornalisti salernitani

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