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Signor D, il rapper-avvocato “smaschera” l’hip hop

L’artista battipagliese pubblica il nuovo singolo con il leggendario producer Mastafive: «Siate mosche bianche»
Signor D, il rapper-avvocato “smaschera” l’hip hop

Keep it real. Primo comandamento della cultura hip hop sapientemente declinato nel chorus di “Maschere”, nuovo singolo del leggendario producer torinese Mastafive e del rapper battipagliese Signor D, nome d’arte di Dario De Rosa, 37 anni. « Essere sé stessi, non un cliché: amare il tuo carattere, buttare via le maschere»: suona come una dichiarazione d’intenti il brano prodotto dalla Revolutionary Records, neonata etichetta discografica battipagliese che si prefigge l’ambizioso scopo di rivoluzionare il genere. Revolvere, si diceva nell’antica Roma: ritornare alle origini. Allo spirito che, quell’11 agosto del 1973, indusse Dj Kool Herc alla più felice delle sperimentazioni musicali. «Non credo alla tua lingua, credo solo alla famiglia», canta Signor D in “Maschere”. «La barra alla quale tengo di più», confessa tenendo il tempo mentre mette in play il pezzo dal pc del suo studio legale: al di là della scrivania, infatti, si fondono l’artista ch’era poco più d’un ragazzino nel 2003, quando incise il primo brano nello studio del celebre producer Fabio Musta, e l’avvocato che dalla prof del “Besta”, Eva Lieto, imparò ad amare il Diritto.

Il nuovo singolo di Signor D

Figlio d’un commerciante ambulante, gli esami in Giurisprudenza li ha divorati. E i beat pure. «Queste due presunte rette parallele, che per alcuni non s’incontrerebbero mai, io in realtà le vedo assai vicine», racconta Signor D. La toga e il microfono, l’arringa e il freestyle: «Il rap – soggiunge – è nato dalle rivendicazioni degli afroamericani costretti ad assistere inermi agli stupri subiti dalle madri e dalle sorelle e agli abusi di potere perpetrati dal sistema. Le rime servivano a invocare giustizia». Lontano dalle “gang” e dai “bang” troppo frequentemente stereotipati: «L’avvocato difende le persone dalle ingiustizie, il rapper pure. E io sono fiero d’essere un avvocato che fa il rapper e un rapper che fa l’avvocato».

Gli chiedono se l’hip hop può educare alla legalità e lui non lascia passare nemmeno un centesimo di secondo prima di rispondere con un secco «assolutamente sì», perché «il mio rap è improntato sull’essere buoni e solidali, sul cancellare le negatività e vedere i lati positivi, riconoscendo un proprio errore: lo fanno anche gli imputati quando capiscono d’aver sbagliato. È purezza, pace interiore: essere in pace con sé stessi è il primo passo per essere in pace con il prossimo». Peace: parola chiave nella cultura ultracinquantenaria, che nel 2001 indusse oltre 300 tra pionieri e attivisti del genere (tra gli altri Krs One e Afrika Bambaataa) a presentare all’Onu la Dichiarazione di pace dell’hip hop. Valori fondanti frequentemente trascurati da impersonali emuli e disattenti ascoltatori («Non date colpa alla trap ma alle vostre orecchie sorde », canta ancora Signor D). “Maschere” è contro tutto questo: «La generazione odierna – spiega Signor D – sta tristemente adeguandosi a portare la maschera, agli standard della società. Tutti uguali: l’ultimo tra gli influencer non fa altro che scimmiottare il primo. Non vale per tutti: le mosche bianche ci sono sempre. Io sono una mosca trasparente». L’antidoto è nel chorus: «Dovresti solo cominciare a credere in te, ora è tempo di vivere, smetterla di fingere ».

Autenticità. Assioma per Signor D, palesato pure nel titolo dell’ultimo album uscito nel 2022, B.O.S.S., che non è un’esaltazione della malavita ma l’acronimo per Back to the old school sound, il ritorno al suono della vecchia scuola. Così ha conquistato Mastafive, beatmaker cult che ha collaborato con i grandi della scena: Fabri Fibra, Clementino, Ensi e tanti altri. «Ci siamo conosciuti al Cypha Kings di Roma: fu Principe a invitarmi. Gli chiesi d’ascoltare B.O.S.S., lui lo fece: a telefono si congratulò, confessando che un mio pezzo, “Fogli nel Dna”, l’aveva addirittura emozionato, e m’invitò a partecipare a un contest». Il premio era proprio una collaborazione con Mastafive: «Non vinsi, ma lui mi disse che il pezzo insieme lo avremmo fatto comunque: “La collaborazione l’abbiamo già chiusa a Roma”, le sue parole». Genesi di “Maschere”: le mani d’oro di Mastafive hanno cucito un ipnotico beat sulla pelle di Signor D, capace di dissacrare la massificazione a colpi di rime, punchline e altisonanti citazioni. C’è perfino Dante Alighieri («Descriveva la società in rima: un rapper», dice l’artista) con gli «eterni condannati» Paolo e Francesca e il “giudice” Minosse, che vede al di qua delle maschere. Oltre i cliché. Keep it real.

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