Tarro: «Così salvai Napoli dal male oscuro» 

Quarant’anni fa la diffusione della misteriosa epidemia: persero la vita 80 bambini. Fu il famoso virologo a scoprire il virus respiratorio

Giulio Tarro, nato a Messina il 9 luglio del 1938, napoletano d’adozione e laureato in Medicina, è figlio “scientifico” di Albert Sabin. Il mese prossimo compirà 81 anni. Fu proprio lui a scoprire la causa di un’epidemia che fu chiamata il “male oscuro” di Napoli, nel 1979.
Isolò il virus respiratorio sinciziale nei bambini affetti da bronchiolite, che continuavano a morire ogni giorno senza che nessun medico o luminare riuscisse a diagnosticare la malattia. La sua scoperta fu strabiliante: solo allora tutta Napoli tirò un sospiro di sollievo, mentre solo poche settimane prima della scoperta dilagava il terrore in tutti i quartieri della città. Nessuno pensò di coinvolgere Tarro, ma in quei giorni piombò a Napoli il giornalista Willy Molco che andò a intervistarlo. Tarro è stato professore di Virologia oncologica dell’Università di Napoli e primario di virologia al “Cotugno”, ospedale partenopeo.
Professore cosa accadde?
La paura del male oscuro era diffusa ovunque, mi incuriosii e iniziai a studiare. Poco dopo riuscii a isolare il virus che colpiva i bambini. Era il virus respiratorio sinciziale, che produceva la bronchiolite epidemica. All’Università di Napoli e all’Istituto superiore della sanità se ne stavano occupando da tempo: rimasero di stucco.
Di che periodo parliamo?
Era a cavallo tra il ‘78 e il ‘79: morivano bambini di continuo, un giorno dopo l’altro. Ne morirono circa 80. Se prendessimo i quotidiani di allora, ogni giorno si leggeva di un bambino morto a Napoli. Morivano intorno ai primi anni di vita, 1 o 2 anni, il tempo di prendersi la bronchiolite. Ma i bambini venivano portati in Rianimazione perché non venivano considerati come casi da clinica pediatrica. Venivano intubati e rimanevano dubbi continui su come intervenire.
Lei di cosa si occupava?
Ero già primario al “Cotugno” di Napoli, ospedale che non aveva reparti pediatrici. I casi ebbero eco nazionale e se ne occupò Willy Molco, giornalista del Tg1 e uomo di punta dell’informazione Rai. Arrivò da Milano per occuparsi di questa dilagante epidemia e mi chiese di aiutarlo a incontrare alcuni colleghi che seguivano quei casi: me ne interessai anche io. Ho un ricordo vivo di quel periodo, anche perché il fenomeno si verificava esclusivamente nella città di Napoli. Tramite alcuni colleghi ebbi accesso al sangue dei bambini malati: studiai i campioni e mi resi conto che era un virus che circolava solo tra i bimbi. Allora mi si accese la lampadina: pensai a un virus quando non si pensava assolutamente a un fatto respiratorio.
A quel punto cosa fece?
Studiai le cellule, utilizzando anche i campioni dei bambini ricoverati in Pediatria: vidi gli agenti e gli anticorpi nel sangue. Dunque provai a isolare il virus ed effettuai un riscontro della fusione di cellule, cioè il sincizio. Sulla maggior parte dei bambini ricoverati individuai il sinciziale: da qui il postulato di Koch, cioè i criteri destinati a stabilire la relazione di causa-effetto che lega un microrganismo a una malattia, per avere la conferma e insieme la certezza della responsabilità di un microrganismo al microscopio.
Cosa vide?
Studiai se era possibile intravedere un’epidemia e quindi la possibilità che il virus passasse da una cultura cellulare all’altra, individuando così la riproducibilità della malattia. Avevo in mano il postulato di Koch, individuai cioè il virus responsabile.
Qual era l’errore degli studiosi?
Il fatto che i bambini non venissero curati per bronchiolite, mentre quella era una vera e propria epidemia da bronchiolite e c’era una situazione ambientale che ne favoriva la diffusione. Per me fu evidente che si trattava di un virus.
Chi erano gli altri studiosi?
Il Santobono fino ad allora non formulò nessuna diagnosi, la Torre biologica dell’Ateneo di Napoli neanche e neppure l’Istituto superiore di Sanità ministeriale. Io raccontai tutto al giornalista Molco e fu lui a rendere noto che avevo scoperto la causa.
E nessun altro bambino morì?
Individuata la causa, fu facile l’approccio terapeutico in quanto era noto come trattare la bronchiolite. Ma solo, dopo aver conosciuto la causa fu facile curare i bambini.
Fu apprezzato a livello scientifico?
L’Istituto superiore di sanità non ammise subito questa scoperta. Intervenne l’Organizzazione mondiale della sanità, fui convocato dal Ministero della sanità e mostrai il mio lavoro. I referenti dell’Organizzazione mondiale, arrivati a Napoli, andarono a Roma: fu raccontato del virus sinciziale e ci fu un grosso clamore. L’Istituto superiore di sanità in seguito ufficializzò la scoperta.
Marcella Cavaliere
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