SANITA'
Tac rotte e disagi: una notte in ospedale
Solo due medici al pronto soccorso della Divina. Macchinario guasto, paziente trasferito. E il chirurgo fa la spola col Ruggi
RAVELLO - Organico ridotto all’osso, macchinari diagnostici obsoleti e antiquati. E, come ciliegina sulla torta, parcheggio a pagamento per gli operatori sanitari. Benvenuti al presidio ospedaliero “Costa d’Amalfi”, avamposto sanitario della Divina, collegato all’Aziende ospedaliera universitaria Ruggi d’Aragona. Qui, ogni giorno, medici e infermieri, visitano decine di persone, molte delle quali, da aprile a novembre, turisti. Ma le difficoltà, nonostante gli sforzi degli operatori, sono tante, sicuramente troppe per un ospedale che si trova in una zona disagiata e che quindi, almeno teoricamente, dovrebbe offrire molti più servizi, anche in virtù della vocazione turistica della Costiera, compresi posti di degenza per l’osservazione.
Una notte al pronto soccorso. Così, al contrario, non è, nonostante in piena stagione balneare sia un via vai di pazienti, che arrivano uno dopo l’altro, giorno e notte. I medici di turno al pronto soccorso, che tentano di risolvere tutti i problemi, sono due. Il team dell’emergenza, poi, è completato dal radiologo, dall’anestesista, dal cardiologo e dall’analista che, però, non sono in trincea ma vengono allertati in caso di bisogno e di necessità. Prima di accedere si deve effettuare, come da prassi, il tampone rapido. Un’infermiera controlla la positività o meno al Covid e poi dà il via libera. Appena all’interno ci si rende subito conto di come non ci sia un attimo di pausa, perché gli accessi sono a getto continuo. Arriva una signora in preda ad uno shock anafilattico e, subito dopo, un’adolescente con un persistente mal di testa. Interventi di routine risolti tranquillamente.
Codice rosso. La notte, però, è ancora giovane e, puntuale come un orologio svizzero, si presenta l’immancabile incidente stradale. Sì, perché lungo le curve e i tornanti della Statale 163 oramai non passa un giorno senza un sinistro, per via della pericolosità dell’arteria e dell’inesperienza alla guida dei vacanzieri. A scontrarsi stavolta sono stati due scooter e entrambi i conducenti hanno bisogno delle cure dei sanitari. Uno dei due centauri è ricoverato addirittura in codice rosso e dunque potenzialmente in pericolo di vita. Quasi contemporaneamente arriva un altro caso grave: un uomo di 49 anni colpito probabilmente da ictus e che, proprio per via dell’attacco ischemico, ha perso l’uso della parola. Non c’è tempo da perdere, ogni minuto può essere essenziale e, soprattutto, salvavita. Pertanto, si mette immediatamente in moto la macchina per le emergenze di questo tipo. Tutti gli operatori sono sul chi va là, pronti anche al peggio, ma mantengono la calma e si comportano nel miglior modo possibile, come ingranaggi di un meccanismo oliato alla perfezione.
Tac fuori uso. L’imprevisto, purtroppo è dietro l’angoli. Uno dei due medici di turno, dopo il primo consulto, decide che i motociclisti debbano sottoporsi ad esami diagnostici più approfonditi e ordina una Tac, per verificare la presenza di eventuali lesioni, anche interne, che potrebbero compromettere le funzionalità vitali. Dopo tre ore, tuttavia, il radiologo fa sapere che le immagini ottenute con la tomografia assiale computerizzata non sono chiare. La Tac, infatti, è un po’ datata, per usare un eufemismo, e funziona a scartamento ridotto. Tra un esame e l’altro deve raffreddarsi e non sempre i risultati finali sono soddisfacenti. Un disservizio che sarebbe stato più volte segnalato alla direzione generale e, proprio per questo, non si capisce il perché non si sia già provveduto alla sostituzione, con un macchinario più funzionale e moderno. Il centauro più grave viene trasferito, con un’ambulanza con medico a bordo, all’ospedale di Cava de’ Tirreni. E, per mezz’ora, il presidio resta senza chirurgo. Già, perché l’altro medico di turno, nel frattempo, aveva accompagnato al “Ruggi” a Salerno il paziente colpito da ictus. La vacatio dura solo qualche minuto, perché le due ambulanze, una in uscita direzione Cava e l’altra al rientro alla base, s’incrociano e viene fatto il “trasbordo” del medico.
La rabbia dei medici. La lunga nottata termina, grazie alla competenza e alla professionalità del personale, senza altri sussulti. Ma la tensione tra i sanitari, sottoposti continuamente a veri e propri tour de force , si taglia a fette. «Non siamo in un pronto soccorso – tuona uno degli addetti – ma in una guardia medica». E, in effetti, l’impressione, proprio a causa dei frequenti disservizi, è che gli operatori siano dei novelli don Chisciotte, che combattono contro i mulini al vento. Perché i mezzi sono pochi e la situazione, con il passare degli anni, non migliora. Anzi peggiora addirittura, tra il silenzio generale della politica e l’indifferenza della burocrazia.
Gaetano de Stefano