IL CASO

Salerno, veleni in consiglio: la rabbia delle coop

Volano gli stracci sul futuro degli operai che assistono allibiti allo scontro: la maggioranza va via e manca il numero legale

SALERNO - Uno scontro aspro, in punta d’interpretazione dell’articolo 50 del Codice degli appalti. Dichiarazioni forti e l’inchiesta giudiziaria usata come strumento di contrasto tra opposte fazioni politiche. Poi l’aula vuota, lasciata solo ai consiglieri di opposizione. Anche il presidente del Consiglio comunale, Dario Loffredo , esce dal Salone dei Marmi derogando al ruolo super partes e di garanzia pur di far cadere il numero legale che non ci sarebbe stato comunque anche se fosse rimasto seduto al suo posto. Finisce così la discussione del Consiglio comunale sul destino dei servizi che erano affidati alle cooperative sociali. Soprattutto, il punto all’ordine del giorno, richiesto da dieci consiglieri di opposizione, si è concluso con uno stallo, un non voto tra i banchi vuoti, che ha avuto l’unico effetto di far crescere ancor di più lo smarrimento, il senso di abbandono e la rabbia tra i lavoratori delle cooperative che sono rimasti per tutto il Consiglio comunale in attesa che si discutesse della loro vertenza.

Da una parte, l’opposizione insiste nel chiedere che tutte le procedure siano bloccate, che i servizi vengano accorpati e affidati a un gestore unico oppure a una società partecipata e, in nome e per conto dei consiglieri di minoranza, è Corrado Naddeo , del gruppo “Oltre”, a leggere la delibera che definisce questo iter. Richiesta che, a partire dall’assessore Massimiliano Natella , viene respinta per ragioni legate ai dettami delle norme contenute alle Codice degli appalti per cui innanzitutto viene favorito il concetto di suddivisione dell’appalto in lotti per avvantaggiare anche le piccole e medie imprese a partecipare ed è previsto che, prima che un servizio venga affidato a una società in house , sia valutata la possibilità che abbia appetibilità sul mercato. Infine, ricorda Natella, «il passaggio a una società partecipata avrebbe precluso l’utilizzo della clausola sociale che, ora, invece, ci consente di dare una prospettiva lavorativa a questi operai».

A sostegno dell’assessore sono scesi in campo i consiglieri avvocati della maggioranza, tra cui Horace Di Carlo che, con un vocabolario parecchio colorito ma efficace, ha spiegato anche quali ripercussioni avrebbe dal punto di vista legale interrompere, ora, le procedure. «Se facessimo come vogliono i consiglieri di opposizione sareste rimasti comunque a casa», dice Di Carlo rivolgendosi direttamente agli operai seduti nelle postazioni riservate ai cittadini. «Tu sei quello che, come si legge nelle intercettazioni chiamava per fomentare gli operai contro un consigliere comunale», gli ricorda in risposta Naddeo. Gli animi si surriscaldano. Si alza l’avvocatessa dell’opposizione, la consigliera del Movimento 5 Stelle Claudia Pecoraro , che cerca di smantellare pezzo per pezzo le argomentazione dei “legali” della maggioranza proprio citando alla lettera le stesse normative: «Vanno lette in maniera completa, altrimenti facciamo non come prevede la legge ma come ci conviene», insiste ricevendo (unica tra i consiglieri) l’applauso dei lavoratori delle coop.

«Si tratta di volontà politica, io sono un’amministratrice e non mi sognerei mai di lottizzare dei servizi qualitativamente identici», la sintesi della consigliera Elisabetta Barone . «Il problema è che non hanno i soldi per assumere i lavoratori », si sgola dalle tribune l’ex consigliere Giuseppe Ventura , cercando di dare dei suggerimenti (inascoltati) agli ex colleghi di opposizione. Finisce che il capogruppo dei socialisti, «per rispetto ai lavoratori», invita tutti a uscire. «Si controlli il numero legale», chiede il sindaco Vincenzo Napoli . Non resta quasi più nessuno tranne i lavoratori sbigottiti e arrabbiati.

Eleonora Tedesco