Morte in ospedale, pugno duro del pm
Chiesti otto anni per i quattro medici imputati per il decesso di Maria Rosaria Ferraioli: con lei morirono anche due gemelli
La Procura chiede due anni di reclusione ciascuno per i medici Michele Piscopo, Raffaele Molaro e Vincenzo Centore, e per il chirurgo Attilio Sebastiano, tutti imputati per il decesso dell’angrese Maria Rosaria Ferraioli e dei suoi due gemellini, avvenuto nel 2011 all’ospedale “Mauro Scarlato” di Scafati. Chiesta invece l’assoluzione per il ginecologo privato che seguiva la gravidanza della donna, Michele Mastrocinque. La requisitoria, pronunciata in aula dal pubblico ministero davanti al giudice del Tribunale monocratico di Nocera Inferiore, ha escluso per tutti l’accusa di omicidio colposo per la morte della Ferraioli, ravvisando invece elementi per contestare l’accusa di aborto colposo per i due gemellini.
Il processo riguarda il caso di morte bianca avvenuta il giorno di pasquetta del 2011, con le battute finali del primo grado di giudizio alle quali si approda sette anni dopo il tragico evento. Maria Rosaria Ferraioli morì con i gemelli che aveva in grembo per le conseguenze di un ascesso divenuto fatale, di fatto un’infezione non gestita adeguatamente. L’indagine allora fu avviata dal pm Elena Guarino e una serie di accertamenti e verifiche culminate nelle ispezioni degli uomini del Nas all’ospedale “Mauro Scarlato”, mostrarono che il presidio sanuitrio scafatese era inadeguato strutturalmente e da allora fu infatti estremamente ridimensionato: la Procura ha individuato precise responsabilità nel corso del prosieguo istruttorio, ascoltando testimoni e verificando atti, cartelle cliniche, prescrizioni e l’intero iter sanitario, fino al rinvio a giudizio ottenuto dall’accusa a carico di cinque persone, tutti medici, in particolare quattro medici ospedalieri e il ginecologo che aveva in cura la signora Ferraioli poi deceduta, con i professionisti in servizio allora al reparto di ginecologia dell’ospedale “Mauro Scarlato”, dove la donna morì.
Secondo le perizie susseguitesi su ordine di magistrati e Tribunale, l’iter ospedaliero e prima il percorso della gravidanza seguito dal ginecologo della donna, causarono l’esito della vicenda, con una serie di condotte omissive e non sufficienti a seguire il caso. Ora per l’accusa la responsabilità del medico che aveva seguito privatamente la donna esce dalle contestazioni. La paziente aveva riportato un ascesso per cui venne somministrata una dose debole di antibiotico rivelatasi però insufficiente per la fase delicata del parto. L’aggravamento delle condizioni cliniche di Maria Rosaria Ferraioli, con la corsa in ospedale a Scafati e il mancato trasferimento deciso dai responsabili, furono i fattori decisivi: la donna sarebbe dovuta andare in un altro ospedale, con una lunga serie di situazioni inidonee evidenziate nel corso di sei anni di lavoro affidato a carabinieri, reparti specializzati e due magistrati, in prima battuta, con l’ulteriore iter seguito dal pubblico ministero Federico Nesso e ora la requisitoria, atto conclusivo al quale seguiranno le arringhe dei difensori degli imputati e delle parti civili.
Gli imputati rispondono a vario titolo di omicidio colposo, con l’esclusione ravvisata dal pm per questa accusa, procurato aborto e falso in cartella clinica: la prossima udienza è fissata al 14 giugno, data nella quale sono previste le arringhe dei legali. Per le parti civili sono impegnati gli avvocati Gianpaolo Salvati e Gianluigi Di Ruocco che rappresentano i familiari della donna angrese. La vicenda provocò estremo scalpore per le modalità in cui avvenne e per il tragico epilogo, approdato subito nelle aule giudiziarie, con l’iter arrivato alla fine imminente del primo grado di giudizio.
Alfonso T. Guerritore
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Il processo riguarda il caso di morte bianca avvenuta il giorno di pasquetta del 2011, con le battute finali del primo grado di giudizio alle quali si approda sette anni dopo il tragico evento. Maria Rosaria Ferraioli morì con i gemelli che aveva in grembo per le conseguenze di un ascesso divenuto fatale, di fatto un’infezione non gestita adeguatamente. L’indagine allora fu avviata dal pm Elena Guarino e una serie di accertamenti e verifiche culminate nelle ispezioni degli uomini del Nas all’ospedale “Mauro Scarlato”, mostrarono che il presidio sanuitrio scafatese era inadeguato strutturalmente e da allora fu infatti estremamente ridimensionato: la Procura ha individuato precise responsabilità nel corso del prosieguo istruttorio, ascoltando testimoni e verificando atti, cartelle cliniche, prescrizioni e l’intero iter sanitario, fino al rinvio a giudizio ottenuto dall’accusa a carico di cinque persone, tutti medici, in particolare quattro medici ospedalieri e il ginecologo che aveva in cura la signora Ferraioli poi deceduta, con i professionisti in servizio allora al reparto di ginecologia dell’ospedale “Mauro Scarlato”, dove la donna morì.
Secondo le perizie susseguitesi su ordine di magistrati e Tribunale, l’iter ospedaliero e prima il percorso della gravidanza seguito dal ginecologo della donna, causarono l’esito della vicenda, con una serie di condotte omissive e non sufficienti a seguire il caso. Ora per l’accusa la responsabilità del medico che aveva seguito privatamente la donna esce dalle contestazioni. La paziente aveva riportato un ascesso per cui venne somministrata una dose debole di antibiotico rivelatasi però insufficiente per la fase delicata del parto. L’aggravamento delle condizioni cliniche di Maria Rosaria Ferraioli, con la corsa in ospedale a Scafati e il mancato trasferimento deciso dai responsabili, furono i fattori decisivi: la donna sarebbe dovuta andare in un altro ospedale, con una lunga serie di situazioni inidonee evidenziate nel corso di sei anni di lavoro affidato a carabinieri, reparti specializzati e due magistrati, in prima battuta, con l’ulteriore iter seguito dal pubblico ministero Federico Nesso e ora la requisitoria, atto conclusivo al quale seguiranno le arringhe dei difensori degli imputati e delle parti civili.
Gli imputati rispondono a vario titolo di omicidio colposo, con l’esclusione ravvisata dal pm per questa accusa, procurato aborto e falso in cartella clinica: la prossima udienza è fissata al 14 giugno, data nella quale sono previste le arringhe dei legali. Per le parti civili sono impegnati gli avvocati Gianpaolo Salvati e Gianluigi Di Ruocco che rappresentano i familiari della donna angrese. La vicenda provocò estremo scalpore per le modalità in cui avvenne e per il tragico epilogo, approdato subito nelle aule giudiziarie, con l’iter arrivato alla fine imminente del primo grado di giudizio.
Alfonso T. Guerritore
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