L’autismo e la “società dello scarto” 

Papa Francesco, durante i suoi discorsi, ritorna spesso e volentieri sul tema, oggi più che mai attuale, dei cosiddetti “scartati”. Ci ricorda costantemente che viviamo in una “società dello scarto”...

Papa Francesco, durante i suoi discorsi, ritorna spesso e volentieri sul tema, oggi più che mai attuale, dei cosiddetti “scartati”. Ci ricorda costantemente che viviamo in una “società dello scarto” che esclude i diversi, gli ultimi, i deboli.
Molti di noi hanno un concetto alquanto “esotico” dello scartato: pensiamo quasi subito ai lebbrosi, ai paria in India, al clochard sotto casa, al povero in fila per ricevere un pasto o un letto in un dormitorio pubblico… Ma vi è una categoria di scartati più nascosta, impercettibile, difficilmente catalogabile. Sono gli “scartati d’oro”: appartengono a famiglie benestanti, hanno genitori che svolgono una professione, posseggono mezzi per poter vivere quella che generalmente viene definita “una vita normale”, ma osservandoli più da vicino ci accorgiamo che di fatto sono ugualmente esclusi dalla società.
Recentemente ho avuto modo di incrociare la storia di uno di questi “scartati d’oro”: E. S., bella ragazza ventenne di Battipaglia ma domiciliata a Buccino per motivi di famiglia; due genitori con un buon stipendio, una bella casa in cui vivere, vacanze assicurate, vestiti alla moda… e una diagnosi di spettro autistico invalidante al 100%.
Dopo 5 anni di regolare frequentazione presso un istituto superiore di Buccino, E. S. si è visto negato il tanto agognato diploma, sostituito da un non ben precisato “attestato” il cui valore, al fine di un eventuale proseguimento degli studi universitari specifici per la sua categoria, è pari a zero.
Cosa fare? Ricorrere al Tar, impelagandosi in battaglie legali annose, oppure abbozzare e integrare quel che manca, utilizzando possibilità economiche non alla portata di tutti e ripiegando su un diploma conseguito presso un istituto paritario?
Gli “impiegati” di quell’istituto di Buccino non hanno saputo o voluto prendersi la responsabilità di fornire uno strumento, un semplice diploma di scuola secondaria superiore, a una ragazza da incoraggiare e non da “selezionare” alla fine di un percorso scartandola di fatto e sottolineando fino all’ultimo la sua diversità dagli altri compagni di classe!
E, a completare il processo di esclusione, dopo 12 anni di lezioni - con tanto di retta mensile che ogni genitore ben volentieri onora in vista di un risultato finale - presso una nota scuola di danza di Battipaglia, E. S. non riesce ad accedere nemmeno al diploma di danza.
Motivazione avanzata dalla “direttrice” della scuola: “… il lockdown causato dal Covid, bloccando l’allenamento in presenza, ha dissipato i pochi risultati raggiunti e a questo punto sarebbe difficoltoso per E. S. riacciuffare il vantaggio delle altre ballerine…!”.
Una scuola di danza, al netto dei rari Carla Fracci e Rudolf Nureyev che riesce a tirare fuori da questa “generazione di fenomeni” (citando una canzone degli Stadio), dovrebbe essere innanzitutto - come accade in altre realtà ludico-sportive - scuola di inclusione dei diversi, di promozione della persona non perfetta, di incoraggiamento di chi non aspira certamente ad entrare al Teatro Bolshoi di Mosca ma desidera semplicemente coronare un piccolo sogno.
Anche in questo caso è stata portata a termine, impercettibilmente, direi asintomaticamente, un’operazione di selezione/scarto ai danni di chi, come nel caso di E. S., non riesce a esprimere - a causa della sua “neurodiversità” - nemmeno la rabbia o la semplice delusione per un obiettivo non raggiunto.
Sarebbe un errore credere che E. S. non abbia percepito come sconfitte queste due importanti esclusioni dalla vita sociale, anche se non ne parla o non chiede ulteriori spiegazioni. Il vuoto lasciato da queste esperienze sociali incompiute può essere descritto con una sola parola: “solitudine”, per le persone come E. S. e per le loro famiglie.
E poi, per fortuna, esistono realtà come l’associazione “Seconda Stella”, gestita dalla dottoressa Rosaria Ferrara e Annalisa Siano, con sede anche a Battipaglia, insieme a Oisma (Osservatorio Italiano Studio e Monitoraggio Autismo) e “I bambini delle fate”, che attraverso laboratori di scrittura creativa, teatro, cucina, dizione emotiva, e tanto altro, promuovono inclusione sociale e autonomia in un’atmosfera di condivisione e di sperimentazione con gli altri.
Ancora una volta, le iniziative di pochi rappresentano una valida risposta alle carenze dei molti, della società, dello Stato, delle istituzioni, e compensano le paure della maggior parte di noi che dovremmo ricordare più spesso le significative parole di un brano di Angelo Branduardi, Domenica e Lunedì: “… non è da tutti catturare la vita / non disprezzate chi non ce la fa!”.
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