I rifiuti dello scandalo in arrivo all’ex Stir 

La Regione sceglie l’impianto per la caratterizzazione: i controlli su 33 container. E l’intero carico torna nel Salernitano

Destinazione Battipaglia. La “prima casa” dei rifiuti sulla via del ritorno dal porto di Sousse, ventre molle della costa orientale della Tunisia, ha la forma dell’ex Stir alle porte della Piana del Sele. Nei capannoni del Tmb, l’impianto di trattamento meccanico biologico di via Bosco II, verranno vuotati i primi 33 dei 213 container ricolmi dell’indifferenziato stipato nei sacchetti neri dei cittadini di 16 comuni del Cilento e del Vallo di Diano, oggetto d’una controversa spedizione transfrontaliera nel Nord Africa, successivamente dichiarata «illegale» dal Ministero dell’Ambiente tunisino, che a dicembre 2020 sconfessò la “sua” Anged, l’agenzia che in precedenza aveva benedetto l’accordo tra la “Sra” di Polla, società riconducibile ai Palmieri di Battipaglia, e la “Soreplast”. E che, per il suo Dicastero, in materia d’applicazione della Convenzione di Basilea, magna carta delle rotte globali del pattume, non aveva voce in capitolo. Nonostante perfino all’Ambasciata tunisina d’Italia credessero il contrario. Una guerra diplomatica internazionale, capace di mietere vittime illustri: dall’altra parte del Mediterraneo, il 21 dicembre del 2020, finì in manette Mustapha Laroui, dimissionario ministro dell’Ambiente.
A poco meno di due anni dal primo viaggio (maggio 2020), le autorità italiane si sono arrese alla Tunisia: sul finir di gennaio scorso, ad un mese dal bilaterale tra il ministro degli Affari esteri Luigi Di Maio ed il presidente tunisino Kais Saled, è stato approvato lo schema del primo accordo di collaborazione istituzionale che costringe l’Italia - specificatamente la Regione Campania, che diede il via libera alla spedizione dei rifiuti - a riprendersi i container. Prima di tutto i 213 cassoni impilati sulla “Marine A”, la nave battente bandiera turca della “Arkas Container” (colosso delle spedizioni che ha fatto causa alla Campania, al Ministero e alla “Sra), che troneggiano sul belvedere della città che i romani chiamarono Hadrumetum, e poi gli altri 69 box stoccati 10 chilometri più in là, tra le pareti del deposito di Moureddine, dati alle fiamme il 29 dicembre scorso. In ballo ci sono 282 container ricolmi d’immondizia: sono 7.893 tonnellate di spazzatura.
Poco più di 6mila, nelle prossime settimane, faranno rientro in Italia. Resteranno - chissà quanto a lungo - sulla banchina d’un altro porto, quello di Salerno, prima di toccare nuovamente il suolo campano. Il suolo salernitano, per l’esattezza. Per ora, sulla mappa, c’è una sola “X”, ed è in corrispondenza dell’ex Stir di Battipaglia, quartier generale del ciclo integrato dei rifiuti, provvisoria destinazione designata, per ora, dei primi 33 container. Poco più d’un migliaio di tonnellate di rifiuti a poco più d’un migliaio di chilometri da Sousse, nella capofila della Piana del Sele. Lo ha deciso la giunta regionale, guidata dal presidente Vincenzo De Luca, su proposta del vice, l’assessore all’Ambiente Fulvio Bonavitacola: nei giorni scorsi, a Palazzo Santa Lucia, è stato approvato lo schema d’un accordo di programma tra la Campania, la Provincia, l’Ente d’Ambito di Salerno ed il suo braccio operativo, la “EcoAmbiente”, che da 12 anni gestisce l’ex Stir. E che è debitrice della Regione: una voragine da 30 milioni di euro, risalente agli anni addietro, quando pagare per conferire le ecoballe dei 158 comuni salernitani - molti dei quali morosi - al termovalorizzatore d’Acerra era un optional. Nel 2020 il commercialista nocerino Vincenzo Petrosino, all’epoca liquidatore della “EcoAmbiente” ed oggi presidente del Cda d’una società tornata in bonis, strappò a Napoli un piano di rientro lungo 15 anni. I costi per la gestione della spazzatura rimpatriata saranno stralciati da quell’accordo. Così verrà ripianata una parte del maxi-debito: col trasporto e lo stoccaggio di 180 container dal porto ad un sito di stoccaggio provinciale (nel Salernitano) successivamente individuato dalla Regione (potrebbe essere uno dei tanti impianti pubblici gestiti dalla “EcoAmbiente”: perfino l’ex Stir qualora, di qui a qualche mese, venisse implementata la portata, o la piattaforma ex “Ergon” di Polla) e lo svuotamento dei primi 33 cassoni nel (fu) Cdr, che farà pure da sede delle attività di caratterizzazione di quel migliaio di tonnellate d’indifferenziato.
Un’altra vittoria delle autorità tunisine, ché dall’Italia, ed in particolare dalla “Sra”, avevano reclamato a più riprese che l’analisi del pattume venisse effettuata in contraddittorio a Sousse, prima del rimpatrio. Invece l’attività preliminare allo smaltimento, supervisionata dall’Arpac, avrà luogo nella terra (poco) felix. Permanenza a tempo: la spazzatura dovrà essere portata via nel giro d’un semestre, ché tanto varrà il lasciapassare che avrà la canonica forma di un’ordinanza del presidente della Provincia, Michele Strianese. E l’Eda dovrà irritualmente mostrare il cammello prima di veder moneta: «S’impegna - si legge nella bozza d’accordo - ad assicurare, attraverso “EcoAmbiente”, l’anticipo dei costi da pagare al vettore navale per il rientro dei rifiuti da Sousse a Salerno». Poi l’intesa sullo stralcio: la Regione, che intende recuperare i quattrini dall’escussione delle fidejussioni prestate dalla “Sra” (che, dal canto suo, non intende pagare), l’Eda e la “EcoAmbiente” quantificheranno i costi, che dovranno includere il conferimento dell’indifferenziato (la tariffa standard, che potrebbe essere “scontata”, è di 158,50 euro a tonnellata), il trasporto e la caratterizzazione. Numeri al vaglio dei contabili di “EcoAmbiente”. Per ora c’è una risposta al provocatorio quesito avanzato cinque giorni fa dal portavoce del comitato ambientalista “Battipaglia dice no”, l’ex consigliere regionale Cucco Petrone: «Polla-Salerno-Tunisia e poi?». E poi Battipaglia. Almeno per ora.
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