L'ANALISI

I conflitti, i “furbi” e la finanza: le famiglie pagano il conto

E intanto i governi ritardano a intervenire

Si può pensare che esista davvero, in questo momento, una grave crisi dell’offerta di gas, elettricità e grano sui mercati globali? Si può immaginare che siano venuti improvvisamente a mancare questi elementi strutturanti delle dinamiche produttive e dei consumi (anche alimentari) dell’economie mondiali? Perché la domanda sulla quale occorre riflettere è prioritariamente solo questa. È il punto di partenza per esprimere alcune considerazioni, soprattutto, sull’atteggiamento dei governi nazionali e degli organismi europei e mondiali che assistono a quanto sta avvenendo e, contro ogni previsione, ritardano ad intervenire nell’unico modo attualmente possibile: chiudere, provvisoriamente (sia ben chiaro), l’ingresso ai mercati di gas, elettricità e grano a tutti i soggetti che non rientrano tra gli operatori diretti dei segmenti produttivi in questione. Insomma: via tutti quelli (operatori finanziari pubblici e privati) che intervengono tra domanda e offerta per fini non collegati all’unico scopo finale, cioè la distribuzione delle materie prime. È proprio questo aspetto che sta influenzando la corsa dei prezzi che si scarica sui consumi, generando un panorama sempre più difficile da affrontare per il soggetto più debole in questione: il consumatore finale, con grave pregiudizio delle famiglie.

È senza dubbio da valutare come il clima generato dal conflitto bellico abbia influenzato la realtà degli scambi e delle contrattazioni con un aumento dei prezzi (numerose le speculazioni degli operatori interni) - come negare i riflessi negativi sulle dinamiche dell’acquisto del grano, considerando che Russia e Ucraina hanno consistenti percentuali (mondiali) di produzione? - ma va sottolineato che il gas aveva registrato un aumento in un periodo lontano dalla crisi che ha, poi, portato alla guerra. È, quindi, da sottolineare come la “finanza speculativa” - scenario descritto e evidenziato da diversi osservatori sui quotidiani nazionali ed esteri - abbia incrementato gli scambi (di opzioni sui mercati), generando la crescita smisurata dei prezzi.

Ovvio, quindi, che ora si tenti di attuare una politica in grado di mobilitare altri mercati produttivi - energetici in primo luogo - ma resta il nodo da sciogliere relativo al segmento primario delle produzioni destinate alla filiera agroalimentare, il grano. Ed è in questo ambito che la “soluzione” è già ben chiara, nonostante una serie di pregiudiziali a livello internazionale di non poco conto: tenere fuori, in un periodo delimitato, dagli scambi delle materie prime i profili eminentemente finanziari, favorendo gli operatori veri e propri di questo segmento produttivo.

Non è immaginabile quale piega prenderanno gli eventi, ma appare evidente che si determinerà un persistente aumento delle misure di ristoro per famiglie e operatori alle prese con questa speculativa (nei loro confronti) fase “ostruzionistica” del mercato. È del tutto sconsiderato assistere, in queste drammatiche giornate, alle manovre della finanza internazionale (e in parte nazionale) che punta, come sempre, ad arricchirsi senza scrupoli eccessivi. Ma, va evidenziato che l’errore di fondo è stato immaginare che non si verificassero episodi del genere, durante un periodo che va considerato bellico a tutti gli effetti e che, quindi, apre enormi “prospettive” ai capitali in cerca di “lucri” a disposizione sui mercati.