L'EPIDEMIA

Coronavirus, l'infermiera ebolitana: «Io, trattata da appestata solo per un po’ di febbre»

Francesca Cicalese era tornata nella sua città da Cremona per un periodo di ferie

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EBOLI - Una vicenda che ha del surreale, ma che fa riflettere su un dato di fatto: nel nostro Paese la psicosi sta diventando più contagiosa del Coronavirus. La protagonista del triste episodio è Francesca Cicalese, 28 anni, infermiera presso il reparto oncologico dell’ospedale Maggiore di Cremona. Francesca che per coscienza morale ha agito per proteggere la salute delle persone con le quali vive a stretto contatto, in cambio sfortunatamente si è ritrovata vittima di storie inventate con finali immaginari.

Originaria della frazione Santa Cecilia di Eboli, l’infermiera già da qualche tempo aveva programmato le ferie per ritornare nella sua città natale per far visita ai suoi genitori con la figlia di due anni. «Sabato pomeriggio scorso, prima di partire, ho lavorato regolarmente e ho chiesto ai medici se fosse il caso di partire, nonostante non avessi sintomi, e mi hanno rassicurato che potevo tranquillamente partire anche perché si trattava del primo giorno che si era diffuso il caos». Domenica sera l’infermiera di Cremona ha un lieve episodio di alterazione della temperatura che tuttavia non supera i 37,6 °C. Nonostante Francesca non manifesti i sintomi del Coronavirus, a scopo precauzionale e per tutelare le persone con le quali era entrata in contatto nei giorni precedenti, telefona al numero delle emergenze della Campania che le dice di chiamare alla guardia medica. Dopo aver provato a telefonare alla guardia medica che però non risponde, Francesca richiama il numero delle emergenze che questa volta le dice di chiamare il 118. Martedì pomeriggio le viene effettuato il tampone a domicilio dal 118 di Eboli e venerdì arriva il risultato tanto atteso: esito negativo.

«La cosa che mi ha lasciato interdetta è che ho aspettato tre giorni chiusa in casa con i miei genitori e con mia figlia per ricevere l’esito del tampone. Non è divertente vivere da reclusi per tutelare la comunità e non poter uscire per comprare il latte a una bambina di due anni. Nel frattempo la gente del posto però pensava già che soffrissi di una malattia. Hanno isolato i miei zii, mia zia addirittura non è potuta andare a lavoro. Mi sono arrivate richieste d’amicizia su Facebook da persone che non conoscevo che mi chiedevano se fossi davvero ricoverata in ospedale in condizioni gravi, mi hanno telefonato persone che non sentivo da una vita per chiedermi se avessi il Coronavirus – racconta Francesca con tanta rabbia – mi ha fatto male l’indifferenza della gente, le cattiverie che hanno inventato in questi giorni. La gente che affolla i pronto soccorso degli ospedali italiani, anziché chiamare il numero delle emergenze, perché non è criticata?». Delusione tangibile nella voce di Francesca che punta il dito contro chi l’ha accusata. «Prima di parlare si documentassero. Il mio sfogo su Fb è stato un atto liberatorio per il chiacchiericcio della gente. Sono felice di andarmene. Più che ferie è stata una reclusione forzata. Mi lascia di stucco che i miei genitori che vivono qui da una vita siano stati criticati. In soli tre giorni sono stata accusata di aver portato il virus in Campania, nonostante Cremona attualmente sia zona gialla».

Poche le persone che in questi giorni hanno fatto sentire il loro supporto a Francesca che ha agito soprattutto per tutelare i pazienti immunodepressi con i quali lavora quotidianamente. «Voglio ringraziare per la loro vicinanza il maresciallo della caserma dei carabinieri di Santa Cecilia Maucione per la sua professionalità e il sindaco di Eboli Massimo Cariello che mi ha telefonato più volte per chiedermi come stavo».

Rosanna Mazzuolo