APPALTI E POLITICA

“Coop” e intercettazioni «Nessuno stop al trojan»

Affaire “sociali”, i ricorsi di due ex presidenti sono inammissibili per la Cassazione: «L’inutilizzabilità delle captazioni deve essere dettagliata per ogni registrazione»

SALERNO - Gli ex presidenti delle coop sociali di Salerno coinvolti nell’inchiesta della Procura sugli affari fra le ditte e il Comune che hanno presentato ricorso in Cassazione contro la conferma del divieto di dimora nel capoluogo decisa dal Riesame dovranno restare lontano dalla città d’Arechi vista la «persistente possibilità di incidere sulle decisioni delle ditte pur in assenza di un ruolo formale ». Sono due sentenze dello scorso 9 febbraio e pubblicate nelle ultime ore della sesta sezione penale della Suprema Corte a chiarire le posizioni di Patrizio Stompanato e Davide Francese , ex rappresentanti legali di “Alba Nova” e “San Matteo”. E dalla Cassazione emergono dettagli importanti sull’utilizzabilità delle intercettazioni effettuate con il trojan, vicenda al centro anche del processo già in corso sulle accuse di corruzione elettorale che vede come imputati il presunto dominus del sistema coop, Fiorenzo “Vittorio” zoccola , e l’ex assessore alle Politiche Sociali - e consigliere regionale ora sospeso - Nino Savastano.

Riflettori sulle captazioni con il trojan. I difensori di Stompanato e Francese - gli avvocati Mario Turi e Danilo Laurino - nei ricorsi si sono appellati all’inutilizzabilità delle intercettazioni effettuate con il captatore informatico. Per i legali, infatti, le risultanze del trojan non potevano essere utilizzate in quanto «non rientranti tra i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione » e dunque devono essere escluse dalla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza. I due legali evidenziano che la legge limita l’utilizzo delle informazioni raccolte alle sole indagini dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, con l’esclusione dei delitti dei privati nei confronti della pubblica amministrazione. Sul punto, però, la Cassazione evidenzia che tocca a chi presenta un ricorso eccepire l’inutilizzabilità delle intercettazioni, specificando gli atti da “contestare” e chiarendo la loro incidenza sul complessivo materiale indiziario così da comprendere quanto quelle informazioni siano decisive nell’indagine. In pratica, per la Cassazione i difensori di Stompanato e Francese dovevano dettagliare punto per punto le parti delle intercettazioni ritenute inutilizzabili. Cosa che, invece, non è avvenuta visto che i giudici evidenziano che è stato fatto riferimento «a plurime intercettazioni telefoniche ed ambientali senza che si possa comprendere quali di queste sarebbero direttamente interessate alle critiche rivolte». Nel ricorso le difese non indicano quale sia «l’incidenza sul complessivo compendio indiziario delle intercettazioni ritenute inutilizzabili» e, dunque, «la dedotta inutilizzabilità si risolve in una mera petizione di principio, priva di effettiva valenza sul compendio motivazionale posto alla base della ritenuta gravità indiziaria che non viene in alcun modo fatto oggetto di censura».

La conferma dell’obbligo di dimora. Le difese di Stompanato e Francese hanno puntato il dito anche contro l’ordinanza del Riesame che ha rigettato le istanze presentate per la revoca del divieto di dimora nel Comune di Salerno, emesse lo scorso ottobre dal gip Gerardina Romaniello su richiesta dei pm Elena Cosentino e Guglielmo Valenti . Nei ricorsi in Cassazione viene evidenziato che l’allontanamento dal capoluogo non avrebbe impedito una possibile reiterazione delle condotte, ritenendo invece più adeguate misure come il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione e il divieto temporaneo dell’attività imprenditoriale. Anche in questo caso, però, la Suprema Corte conferma le motivazioni del Riesame. Per i giudici, infatti, la permanenza del rapporto di lavoro fra Stompanato e Alba Nova ha reso necessario l’allontanamento da Salerno. E anche la sospensione dei servizi alla coop da parte del Comne non viene ritenuta decisiva «in ragione dell’apprezzata pervasività del sistema illecito portato avanti da tutti gli indagati, dotati di capacità organizzativa manifestata anche dopo aver appreso delle indagini in corso». Le misure richieste dal legale di Stompanato, dunque, «sarebbero state inefficaci » vista la «persistente possibilità di incidere sulle decisioni della compagine pur in assenza di alcun ruolo formale». Stesso discorso anche per Francese nonostante il suo difensore nel ricorso abbia evidenziato che con il licenziamento siano stati rotti tutti i rapporti con la “San Matteo”. Passaggio su cui la Cassazione non ha potuto fornire risposta in quanto non sono stati posti all’attenzione del Riesame.