Caos a Villa Maria: la palla al Tribunale
Si blocca il passaggio al nuovo gestore, la “Don Uva Domus” ricorre al Tar: «Sospendete tutto». Il Comune: «Irregolarità»
Il futuro della sfortunata Villa Maria adesso è affare dei giudici. Nessun passaggio di consegne: si blocca tutto. Gli agenti della polizia municipale e i tecnici del Comune che lunedì hanno fatto irruzione nella struttura di proprietà dell’Ente in via Etruria, nel cuore del quartiere Sant’Anna, non hanno potuto che verbalizzare lo scenario che si parava ai loro occhi, incluse alcune presunte irregolarità relative alla sproporzione – in difetto – degli operatori socio-sanitari rispetto al numero d’ospiti nella casa albergo per anziani. Sub iudice: alla fine la “Don Uva Domus” s’è rivolta ai giudici salernitani del Tribunale amministrativo regionale. È già stata notificata al Comune di Battipaglia – ma non ancora depositata alla cancelleria del Tar di Salerno – l’istanza che l’avvocato Innocenzo Cinefra ha proposto nell’interesse della cooperativa lucana, presieduta dall’imprenditore potentino Vittorio Basentini, che, sulla scorta d’un atto di scissione riguardante la “Don Uva” (società che – Anno Domini 2015 – s’era aggiudicata i servizi per la casa albergo per anziani e per il centro polifunzionale), dal 2021 ha preso a gestire lo sfortunato immobile municipale al centro delle note controversie che hanno portato alla risoluzione contrattuale prima (figlia soprattutto della morosità con il Comune), alla revoca di autorizzazioni e accreditamenti poi (a Palazzo di città la “Domus” non era riconosciuta), quindi alla consequenziale ordinanza di cessazione immediata delle attività e all’aggiudica d’una gara ponte (un anno, con facoltà di proroga per tre mesi) ai traghettatori del Consorzio di cooperative sociali “Athena” di Monteforte Irpino.
Un’istanza (il ricorso verrà presentato successivamente) per mezzo della quale Basentini chiede al collegio dei giudici – e prim’ancora, in sede monocratica, al presidente di sezione – di congelare l’ordinanza del dirigente municipale del Piano di zona, Giuliano Caso, che aveva intimato la cessazione immediata delle attività. La “Don Uva Domus” non ci sta: innanzitutto, contrariamente a quanto sostenuto dal Comune, non ritiene di gestire la casa albergo per anziani in assenza di titoli abilitativi (ma «lo esporrà – specifica Cinefra – con il successivo ricorso»), e soprattutto fa presente che la convenzione stipulata con il Municipio «impone tempi adeguati non solo per poter apprezzare l’illegittimità degli atti resi dall’amministrazione, ma anche per consentire, in ipotesi, di predisporre tutte le attività necessarie per adeguatamente tutelare i propri diritti patrimoniali (nella struttura, per attrezzare la quale la coop avrebbe investito quasi mezzo milione di euro, ci sono diversi possedimenti societari, ndr) collegati alla prematura cessazione dell’attività in questione e gestire congruamente, nell’ipotesi, non creduta, di un eventuale subentro nel rapporto, anche tutti gli aspetti amministrativo-contabili relativi alla gestione della struttura, compresi quelli inerenti al trattamento del personale attualmente operante nell’immobile». In altre parole un secco diniego allo sfratto come all’«immediato subentro» disposto dall’amministrazione comunale che ha affidato il servizio alla “Athena”. Prospettiva che, lamentano da Potenza, comporterebbe un «conseguente, inevitabile, mutamento dello stato dei luoghi che osterebbe, ictu oculi, alla tutela delle esigenze difensive dell’odierna istante», si legge nell’istanza rivolta ai giudici.
In Comune nessuno si scompone: al neonato Ufficio del piano di zona, diretto da Caso, sono sicuri d’aver agito nella legittimità ed hanno già predisposto una nota interna per il Servizio autonomo del Contenzioso, guidato dall’avvocato Gennaro Izzo: la sindaca Cecilia Francese gli conferirà il mandato di resistere in giudizio. Nel carteggio a disposizione dei legali municipali c’è anche il verbale redatto dagli agenti della polizia municipale, agli ordini del tenente colonnello Gerardo Iuliano, che lunedì scorso non solo hanno constatato «l’inottemperanza all’ordinanza dirigenziale di cessazione dell’attività», ma pure «la presenza di 22 ospiti e di due operatori socio-sanitari». Troppo pochi gli oss, visto che «il catalogo regionale dei servizi prevede la presenza di giorno di un operatore di primo livello ogni otto persone (quindi tre, ndr) e di uno di secondo livello ogni 16 (quindi due, ndr)».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Un’istanza (il ricorso verrà presentato successivamente) per mezzo della quale Basentini chiede al collegio dei giudici – e prim’ancora, in sede monocratica, al presidente di sezione – di congelare l’ordinanza del dirigente municipale del Piano di zona, Giuliano Caso, che aveva intimato la cessazione immediata delle attività. La “Don Uva Domus” non ci sta: innanzitutto, contrariamente a quanto sostenuto dal Comune, non ritiene di gestire la casa albergo per anziani in assenza di titoli abilitativi (ma «lo esporrà – specifica Cinefra – con il successivo ricorso»), e soprattutto fa presente che la convenzione stipulata con il Municipio «impone tempi adeguati non solo per poter apprezzare l’illegittimità degli atti resi dall’amministrazione, ma anche per consentire, in ipotesi, di predisporre tutte le attività necessarie per adeguatamente tutelare i propri diritti patrimoniali (nella struttura, per attrezzare la quale la coop avrebbe investito quasi mezzo milione di euro, ci sono diversi possedimenti societari, ndr) collegati alla prematura cessazione dell’attività in questione e gestire congruamente, nell’ipotesi, non creduta, di un eventuale subentro nel rapporto, anche tutti gli aspetti amministrativo-contabili relativi alla gestione della struttura, compresi quelli inerenti al trattamento del personale attualmente operante nell’immobile». In altre parole un secco diniego allo sfratto come all’«immediato subentro» disposto dall’amministrazione comunale che ha affidato il servizio alla “Athena”. Prospettiva che, lamentano da Potenza, comporterebbe un «conseguente, inevitabile, mutamento dello stato dei luoghi che osterebbe, ictu oculi, alla tutela delle esigenze difensive dell’odierna istante», si legge nell’istanza rivolta ai giudici.
In Comune nessuno si scompone: al neonato Ufficio del piano di zona, diretto da Caso, sono sicuri d’aver agito nella legittimità ed hanno già predisposto una nota interna per il Servizio autonomo del Contenzioso, guidato dall’avvocato Gennaro Izzo: la sindaca Cecilia Francese gli conferirà il mandato di resistere in giudizio. Nel carteggio a disposizione dei legali municipali c’è anche il verbale redatto dagli agenti della polizia municipale, agli ordini del tenente colonnello Gerardo Iuliano, che lunedì scorso non solo hanno constatato «l’inottemperanza all’ordinanza dirigenziale di cessazione dell’attività», ma pure «la presenza di 22 ospiti e di due operatori socio-sanitari». Troppo pochi gli oss, visto che «il catalogo regionale dei servizi prevede la presenza di giorno di un operatore di primo livello ogni otto persone (quindi tre, ndr) e di uno di secondo livello ogni 16 (quindi due, ndr)».
©RIPRODUZIONE RISERVATA