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Fonderie Pisano e operai nel limbo, pressing sul sindaco di Salerno

di Eleonora Tedesco
La proprietà decisa a spostare altrove le attività, la Fiom chiede subito l’incontro con Napoli: «Verifichi un sito nel Salernitano»
Fonderie Pisano e operai nel limbo, pressing sul sindaco di Salerno

Cambiare vita o cambiare lavoro: è il bivio che si sta aprendo davanti a quasi cento operai delle Fonderie Pisano che dovranno decidere se accettare di trasferirsi nel nuovo sito produttivo (quasi certamente a Foggia) o cercare una nuova occupazione. Così, mentre nello stabilimento di via dei Greci cresce la preoccupazione, i rappresentanti dei lavoratori chiedono nuovamente di incontrare il sindaco, Vincenzo Napoli, sulla cui scrivania giace da tempo una richiesta di incontro. Il primo cittadino, infatti, ha incontrato la proprietà delle Fonderie e ha avuto precise garanzie che la delocalizzazione si completerà entro il prossimo anno. «La proprietà – riferisce la segretaria generale della Fiom Cgil Salerno, Francesca D’Elia – allarga le braccia perché ormai è determinata a continuare la produzione altrove e conferma quanto sostenuto durante l’incontro con il sindaco. Ed è a lui, a questo punto, che i lavoratori vogliono chiedere se è possibile che non esiste un sito che possa ospitare questa fabbrica nella provincia di Salerno e se è ammissibile rischiare di perdere non soltanto uno dei pochi siti produttivi del territorio e che decine di lavoratori restino senza occupazione».
Il ragionamento ai piani alti dello stabilimento di Fratte è lineare: dopo anni di tentativi vani è evidente che questo territorio non vuole la fonderia che, invece, resta un asset produttivo importante per il Gruppo Pisano. Non resta, allora, altro da fare, che agire e delocalizzare. Tra l’altro, come è emerso da una nota diffusa dagli stessi Pisano, l’11 novembre scorso, su richiesta degli organismi regionali, hanno presentato «alle autorità competenti una modifica dell’autorizzazione all’esercizio nella quale si sono autoimposti limiti emissivi pari alla metà di quelli autorizzati precedentemente, oltre che una limitazione alla propria capacità produttiva del 50%».
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