PAGANI – Una «holding» del malaffare che aveva come «principale ramo d’azienda» i traffici di sostanze stupefacenti. E che, nonostante le operazioni e gli arresti degli ultimi anni, si era rafforzata contando sulle capacità organizzative e gestionali delle donne del gruppo. È uno dei passaggi più importanti delle oltre 400 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip del tribunale di Salerno, Piero Indinnimeo con cui, nella giornata di ieri, sono stati eseguiti 85 arresti che hanno decapitato il clan Fezza-De Vivo di Pagani. Negli ultimi anni, dunque, le donne del gruppo – soprattutto quelle legate da rapporti di parentela diretta con i “vertici” finiti in carcere negli anni precedenti – erano state capaci di mantenere i contatti con i “leader” detenuti e proseguire tutte le attività illecite, tanto da consentire di “allargare” il raggio d’azione dei paganesi anche su altri territori come Santa Maria la Carità e Sant’Antonio Abate. Negli atti dell’inchiesta emerge, inoltre, come le donne del clan non si limitassero a seguire ordini o a gestire il denaro, ma avessero acquisito competenze strategiche nella pianificazione delle attività illecite, nel coordinamento dei membri e nella gestione dei conflitti interni, diventando così un elemento imprescindibile per la continuità operativa dell’organizzazione criminale. (al.mo.)
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