Viviamo in una regione dove i problemi devono essere affrontati di corsa, all’inizio del mese, altrimenti arrivare alla fine diventa davvero difficile. Perché, per sperare di ottenere uno sconto su delle analisi di routine con il ticket, bisogna muoversi entro i primissimi giorni del mese. Altrimenti, si deve provvedere autonomamente, di tasca propria. E così, tra famiglie monoreddito e non, si arriva a dover scegliere: se c’è da fare un controllo improvviso e i fondi sanitari messi a disposizione dalla Regione sono già terminati, si decide se mangiare o curarsi. Nessun populismo: è una storia vera, che accade ogni giorno nei centri accreditati della Campania. Ma, in compenso, abbiamo le sagre. Di ogni tipo. Quasi a difendere l’identità di ogni metro quadro del territorio in cui viviamo. Dalle pennette alla pizza fritta, dai caciocavalli al vino. Non ci facciamo mancare praticamente nulla e spendiamo tutto viene finanziato con soldi pubblici. Sì, anche se anche i bambini che hanno bisogno di una visita specialistica sono “bloccati”, c’è sempre l’associazione del territorio che organizza una sagra, nel proprio paese o altrove. Lo so, e ci rido anche su, perché andiamo a toccare la sagra di inizio, metà o fine estate, o quella dell’autunno inoltrato. Ma magari sarebbe bello non arrivare al 15 del mese e sentirsi dire che i fondi per i ticket sono finiti e che le prestazioni sanitarie vanno pagate per intero. Altrimenti, niente cure. Per tutto il resto, ci pensano le sagre. Al prelievo di sangue, poi, si preferisce sempre il caciocavallo impiccato. Almeno il colesterolo è felice.
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