A distanza di diverse settimane, l’odore acre della plastica bruciata sembra ancora sospeso nell’aria di Scafati. Non è solo un ricordo olfattivo: è una ferita aperta nella memoria collettiva di una comunità che si è sentita abbandonata, tradita, esposta al rischio. L’incendio che ha devastato il sito di stoccaggio ex Helios (ora gestito dall’azienda Seneca), nell’area Pip, ha lasciato interrogativi che bruciano ancora e ai quali le istituzioni faticano a dare risposte. In un territorio dove le promesse si accumulano più rapidamente delle bonifiche mai iniziate, la voce dei cittadini resta l’unico presidio di vigilanza attiva.
La battaglia
A farsi carico di questa battaglia è Gennaro Malafronte, attivista del quartiere Mariconda, tra i più colpiti dalla nube tossica sprigionatasi nel rogo: «Non possiamo permettere che cali il silenzio. Abbiamo respirato fumo tossico per giorni, e ancora nessuno ci dice cosa c’era in quei capannoni. Ma il danno più grave è l’omertà delle istituzioni», ha detto.
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