Una reliquia rimasta per secoli nell’ombra della leggenda e delle ipotesi e ora restituita alla storia con nome, data e percorso certi. La copia della Sindone custodita al Museo Diocesano di Salerno ha oggi una storia documentata, grazie alle ricerche condotte da Aniello Ragone, ingegnere e studioso del gruppo “Cava Storie”, che ne ha ricostruito con rigore filologico e storico l’origine e il percorso. Fino a oggi, si credeva che la reliquia fosse giunta a Salerno per volontà postuma della Venerabile Maria Francesca di Savoia, destinata alle clarisse del Monastero di San Michele Arcangelo.
Ipotesi ribaltata
In realtà, i nuovi documenti rinvenuti e studiati da Ragone ribaltano questa ipotesi. Il committente della copia fu il notaio Stefano Lorenzo Neyroni, cancelliere dell’Arcivescovo di Torino, Michele Beggiamo. Nel 1665, a seguito del rito del “contatto”, ovvero l’apposizione del telo sull’originale Sindone torinese, il “lenzuolo in copia” venne autenticato con tanto di documento ufficiale firmato dall’Arcivescovo stesso. Poco dopo, la copia entrò in possesso dell’abate salernitano Orazio Quaranta, figura eminente dell’epoca, che la donò alla sorella Vittoria, monaca clarissa del monastero di Salerno.
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