Una bara con il crocifisso e il Vangelo aperto. Accanto un semplice mazzo di fiori. L’essenzialità di chi, anche nei suoi 18 anni alla guida della chiesa salernitana, si è sentito e ha vissuto come un uomo comune. Come un sacerdote qualsiasi. “Sono figlio di operai: sono nato povero e voglio morire povero”, la frase ripetuta ritualmente ai suoi cari e ricordata ieri da un nipote dall’altare della Cattedrale. È l’immagine che resta nel giorno dell’ultimo saluto a monsignor Gerardo Pierro, l’arcivescovo emerito della Diocesi di Salerno-Acerno-Campagna scomparso lunedì all’età di 89 anni.
Le esequie
Ieri, al Duomo, si sono celebrati i suoi partecipati funerali: tutte le istituzioni presenti, tantissima gente comune, fra la commozione e il ricordo dell’attuale arcivescovo Andrea Bellandi che, nella sua omelia, ha evidenziato quanto il pensiero di Pierro resti «di grandissima attualità»; ma anche nelle parole del cardinale Pietro Parolin che ha inviato un messaggio a nome della Santa Sede, evidenziando le doti umane di Pierro.
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