Il ritrovamento di resti archeologici e l’intervento immediato della Soprintendenza sul posto è la ragione che sta comportando l’ulteriore ritardo nella riapertura dei “Giardini della Minerva”. Gli archeologi, infatti, stanno tentando di datare i resti che sono emersi durante i lavori di ristrutturazione e di ampliamento dell’orto botanico che si trova nel cuore del centro storico della città, in una zona denominata nel Medioevo “Plaium montis”, a metà strada di un ideale percorso che si sviluppa lungo l‘asse degli orti cinti e terrazzati che dalla Villa comunale salgono, intorno al torrente Fusandola, verso il Castello di Arechi.
I ritrovamenti
Il “viridario” fu proprietà della famiglia Silvatico sin dal XII secolo, come testimonia una pergamena conservata nell‘archivio della Badia di Cava de’ Tirreni. In seguito, nel primo ventennio del 1300, il maestro Matteo Silvatico, vi istituì un Giardino dei semplici, antesignano di tutti i futuri Orti botanici d’Europa. È evidente, quindi, che nel sottosuolo del Giardino e delle aree accanto oltre che dei terrazzamenti possono esserci ancora testimonianze della città che devono essere inquadrate in un determinato momento storico e, successivamente, bisognerà comprendere se devono essere portate alla luce o essere analizzate e utilizzate per ricerche successive per essere sepolte nuovamente.
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