Sembra quasi uno scherzo del destino: trent’anni fa, agli inizi degli anni Novanta, gli affari che ruotarono intorno alla Fondovalle Calore diventarono elementi chiave nelle indagini della cosiddetta “tangentopoli salernitana”, la maxi inchiesta che fece finire nel mirino della magistratura il gotha della politica locale (e non solo). Adesso, la strada maledetta ideata già nel 1986, negli anni della ricostruzione post-terremoto, torna sotto i riflettori della Procura di Salerno, facendo tremare di nuovo gli “stati maggiori” della politica: uno degli appalti per l’arteria pensata per collegare in maniera più semplice il Cilento interno al resto del mondo, infatti, è finito all’attenzione dei pm Stefania Faiella e Alessandro Di Vico che stanno lavorando con i baschi verdi del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Salerno sugli “affari” del (sospeso) presidente della Provincia e sindaco di Capaccio Paestum, Franco Alfieri.
Caccia ai riscontri
Un terremoto che dalla città d’Arechi e da quella dei Templi si è allargato, finendo per toccare anche la Regione Campania: fra i destinatari degli ultimi avvisi di garanzia, infatti, c’è anche il presidente della IV Commissione di Palazzo Santa Lucia, il consigliere (e fedelissimo del governatore Vincenzo De Luca) Luca Cascone. Dai decreti di perquisizione e sequestro eseguiti martedì scorso, dunque, emerge l’attenzione della Procura che sta andando a caccia di riscontri sulle possibili ingerenze sugli appalti della Fondovalle Calore. Ancora una volta, come trent’anni fa. Una maledizione che si ripete per una strada che, al netto delle inchieste giudiziarie, è finita da tempo nel limbo diventando uno scandalo senza fine. Anche ora, infatti, saranno i tribunali (Tar e Consiglio di Stato) a chiarire chi dovrà realizzare quest’opera.
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