Ore 9, piazza Vittorio Veneto, stazione ferroviaria: come si varca la soglia dello scalo che apre le porte su Salerno, nell’aria si percepisce qualcosa di diverso. È sabato e solitamente, a quest’ora del mattino, la city fa ancora fatica a svegliarsi. Il 21 settembre no. C’è un’atmosfera elettrica, piacevole, persino orgogliosa: contagia un po’ tutti. Basta osservare i vari binari dello scalo ferroviario: decine e decine di persone scendono dai regionali arrivati dalla provincia, i convogli dell’alta velocità sono più zeppi del solito.
La “calamita”
Da una di queste carrozze scende Piermatteo: nome omen, direbbero i latini, nonostante quell’aggiunta che fa tanto milanese. Vive a Firenze e dei treni conosce ogni dettaglio: fa su e giù dai vagoni quotidianamente, lavora per una ditta che svolge il servizio bar sui mezzi a lunga percorrenza. Racconta con un sorriso che dovrebbe essere a Reggio Emilia. Altro che Salerno… «Ma non ho fatto in tempo il biglietto per la partita», dice invocando un pizzico di sfortuna. Poi pronuncia una frase che può esser presa ad esempio per far comprendere – almeno in minima parte – cosa significhi il 21 settembre per i salernitani: «Ogni anno, ad ogni San Matteo, dico che non tornerò. Ma ogni anno, alla fine, sto sempre qui: il richiamo è troppo forte». La festa patronale di Salerno, anche in un mondo che sta perdendo l’essenza di cose che nel 2024 sanno d’antico, è così: un abbraccio di fede che si mischia con la tradizione e l’identità più autentica di questa città. Una calamita per chi non può volgere quotidianamente lo sguardo al golfo: San Matteo resta l’unica entità – insieme alla Salernitana – in cui la gente cresciuta all’ombra del Castello d’Arechi, di ogni ceto sociale, riesce a riconoscersi davvero, in ogni momento.
Il “miracolo”
E così San Matteo 2024 più degli altri (potere soprattutto del calendario favorevole) diventa soprattutto la festa degli “emigranti”, dei salernitani costretti a star lontani dalla loro città, capaci anche a distanza di riempire il cuore di gioia tutti i 21 settembre, sentendo costantemente la nostalgia per tutte le manifestazioni – sacre e profane – che si possono vivere solo in questa giornata. Tornano in numero massiccio e per loro San Matteo compie il solito, grande miracolo: ritrovare le autentiche radici, gli amici e i familiari. Quella città dannata incapace di offrirgli quello che desiderano ma da cui, nonostante tutto, non riescono a stare lontani. Le due facce di Salerno, proprio come quelle del suo Patrono.
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