Il dolore alla pancia dell’appuntato in pensione, Antonio Vivone, era stato provocato dalla perforazione dell’intestino. Le feci avevano invaso l’addome e avrebbero provocato l’infezione fatale. Sono queste le prime indicazioni a cui è giunta la Procura della Repubblica di Salerno che indaga sulla morte del carabiniere di 60 anni.
L’indagine si “gioca” sui tempi. Vivone era stato in due ospedali, a Salerno e a Cava de’ Tirreni, prima di ricoverarsi a Eboli. Era il 26 agosto, quando è giunto al Maria Santissima Addolorata. A quanto pare, l’intestino era già perforato. Le feci già fuoriuscivano. Il quadro clinico richiedeva un intervento urgente, per evitare infezioni, complicazioni interne e decesso. Quello che poi è successo.
Il pm titolare delle indagini, quindi, chiederà ai chirurghi ebolitani i tempi di intervento. In Procura sono convinti che Vivone andava operato subito. Con la massima urgenza. Per limitare i danni, per sistemare la perforazione intestinale e scongiurare il decesso del paziente.
Perché l’intervento è stato “ritardato”? Sarà questa la prima domanda a cui dovranno rispondere i medici. Al momento, nel registro degli indagati non ci sono nomi. Nessun camice bianco è accusato di omicidio colposo. Il quadro investigativo potrebbe mutare nei prossimi giorni.
Il pm ha chiesto ai carabinieri di sequestrare la parte di intestino, circa un metro e mezzo, rimossa dai chirurghi in sala operatoria. La verità potrebbe arrivare da lì.
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