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Svincolo di Eboli, “budello della vergogna”: niente soluzioni da 25 anni

di Francesco Faenza
Fondi per 18 milioni ancora nel cassetto fra promesse e ipotesi di delocalizzazione
Svincolo di Eboli, “budello della vergogna”: niente soluzioni da 25 anni

Tragedia annunciata, quella di ieri. Dramma che chiama in causa la classe politica ebolitana degli ultimi 25 anni. Quattro sindaci incapaci di costruire il nuovo svincolo autostradale, nonostante avessero nel cassetto i 18 milioni di euro dell’Anas. La colpa, ovviamente, finirà sui funzionari comunali e su mille altre scuse burocratiche. Di fatto, il budello di San Vito Martire è la vergogna che conoscono tutti i turisti diretti nel Cilento. File lunghissime per l’unico svincolo mai riqualificato in provincia di Salerno dell’autostrada A2. I primi politici a lavorare al nuovo svincolo furono Gerardo Rosania e Pietro Pallante. Erano gli ultimi anni del secolo scorso. La situazione apparve da subito complicata da abitazioni e attività produttive sbucate come funghi in una zona dove non si poteva costruire.

Le prime grandi responsabilità sono quindi dei sindaci della Prima Repubblica. Quelli venuti dopo non hanno certo brillato per efficienza. La confusione provocata dalle opere abusive era talmente evidente che Rosania ipotizzò di trasferire il nuovo svincolo al rione Pescara, così da riqualificare un quartiere tanto popolare quando orfano di servizi. Il progetto durò poco. Tra ricatti e ripicche, Rosania rischiò di perdere la maggioranza. Al sindaco comunista fecero capire che in via San Vito Martire c’erano interessi economici troppo grandi. E che quindi lo svincolo non andava spostato. Da Rosania, il testimone passa a Martino Melchionda, il primo cittadino più longevo della storia ebolitana: 10 anni di governo e una sola opera pubblica, la Casa del Pellegrino. Marciapiedi a volontà, qualche strada asfaltata, tanti alberi tagliati. E due centri commerciali. Ovviamente privati. Lo svincolo autostradale? È rimasto dov’era, senza nessuna riqualificazione. Spostarlo da via San Vito Martire? L’idea non ha mai sfiorato Melchionda, nè i politici che lo hanno affiancato. Tutto fermo per 10 anni.

Dopo Melchionda, arriva a Palazzo Massimo Cariello. Fascia tricolore, popolarità alle stelle, due palazzoni privati all’ingresso della città, nessuna opera pubblica importante realizzata. Dall’area di Pezzullo allo svincolo autostradale, dall’ex macello alla fascia costiera. Resta tutto uguale. Con Cariello, così come era accaduto con i suoi predecessori. Al netto delle demolizioni di Rosania, senza un piano di rilancio della Marina di Eboli. Se ne vanno altri cinque anni. Fatti di promesse e di polemiche per il budello autostradale. Ma la svolta non c’è. La polizia stradale minaccia di andarsene a Campagna. Poi viene rassicurata che tutto cambierà. Nel progetto del nuovo svincolo c’è anche la caserma della Polstrada. La sede attuale, dove ci sono pure i vigili del fuoco, non è accatastata.

Dopo Cariello, tocca a Mario Conte. Anche qui, tante promesse di aprire cantieri, ma nulla cambia. In tre anni, nessun passo avanti. L’assessore di turno si rizela pure, elenca tutte le scuole con i pennelli fotovoltaici, messe in sicurezza. Ma le grandi opere restano tutte ferme al secolo scorso. In primis, lo svincolo autostradale. E la città resta ostaggio degli automobilisti. Nei fine settimana ci sono code lunghissime e pericolose, come quella di ieri. Ma i politici scrollano le spalle. I diciotto milioni sono sempre nei cassetti del Comune.

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