Un inganno al dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune di Battipaglia, l’ingegnere capo Carmine Salerno. Il rudere della discordia, che troneggia su via Mazzini e via Briga e Tenda, è affare dei pm. Concorso continuato nell’errore determinato dall’altrui inganno, sfociato in falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale: ipotesi di reato contestata ai comproprietari del palazzo e all’ingegnere che progettò i naufragati interventi di demolizione e ricostruzione. L’avviso di conclusione delle indagini è stato notificato al già dirigente finanziario municipale (ma i fatti non afferiscono alla sua qualifica pubblica d’allora) Giuseppe Ragone, classe ‘59, al fratello Rodolfo, ‘61, ad Andrea Vitolo del ‘94, e alla sorella Valeria, ‘90, a Rosanna Biancullo, ‘65, a Cosimo Sorvillo, ‘47, e all’ingegner Enrico Erra, ‘62. Tutti difesi, per ora, dall’avvocato d’ufficio Ida Coraggio.
La particella
In ballo c’è una particella di 47 metri quadri, un cortiletto retrostante lo stabile, inserita nell’istanza di permesso di costruire senza che gli asseriti proprietari vantassero alcun titolo su di essa. Tant’è che i legittimi eredi ne hanno ceduto metà alla “Motta Bricks”, che possiede la vicina ex clinica Venosa, oggetto d’un progetto di demolizione e ricostruzione impantanato nelle traversie dei “vicini di casa”. Corposo il capo d’imputazione provvisoria formulato da Bianca Rinaldi, pm titolare delle indagini: «I comproprietari e committenti e il progettista – si legge – mediante false attestazioni, in particolare con una falsa rappresentazione dei titoli di proprietà delle particelle interessate contenute nella richiesta di permesso di costruire per la ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione del fabbricato e nelle successive integrazioni, determinavano con l’inganno il responsabile dell’Ufficio tecnico a rilasciare in un primo tempo il permesso di costruire del 28 giugno 2022 e successivamente la voltura (alla “Viva srl”, ndr) del 12 luglio 2023». Titoli edilizi che, tuttavia, per gli inquirenti, sono «da considerarsi ideologicamente falsi, in quanto fondati su presupposti insussistenti».
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