«Per cogliere, come dimostreremo successivamente, quelli che sono gli aspetti collaterali dell’agire mafioso, come l’inquinamento dell’economia o le infiltrazioni nelle amministrazioni, era necessario dimostrare l’esistenza di queste organizzazioni e per il gruppo Fezza-De Vivo è stato riconosciuto con un clan solo (il 10 giugno scorso)». Più volte il procuratore capo Giuseppe Borrelli ha sottolineato che queste operazioni anticamorra non sono terminate, anzi ci saranno altre tranche investigative. Tutto, però, necessitava del riconoscimento delle organizzazioni criminali come veri e propri clan camorristici e da qui la loro capacità di inquinare l’economia e in particolare la politica e le amministrazioni locali. Un accenno che lascia presupporre nuovi e importanti sviluppi delle varie inchieste.
L’allarme infiltrazioni
Se da un lato gran parte degli imprenditori nell’Agro pagherebbero il pizzo (otto nell’inchiesta di queste ore, tra cui grossi imprese e a suon di decine di migliaia di euro), un altro particolare è emerso sempre nella conferenza stampa di mercoledì mattina a Salerno. Il procuratore aggiunte Luigi Alberto Cannavale ha evidenziato: «L’Agro nocerino sarnese è una realtà strana perché vi è una grossa economia malata (come dimostrano) i sequestri per 500 milioni di euro come misure di prevenzione. L’economia malata finisce per influenzare quella +». Parole inquietanti ma la procura sottolinea anche che: «Stiamo iniziando a scalare una montagna. Un percorso tortuoso che abbiamo intrapreso, mettendo al lor posto una serie di tanti tasselli ed altri li vedrete». Dalla Dda di Salerno emerge sempre più, quindi, i filoni di nuovi lavori investigativi, quello dell’infiltrazione politico mafiosa e quello economico che potrebbero portare a sviluppi interessanti.
Le estorsioni a Fosso Imperatore
L’economia malata aveva puntato sempre più sull’area Pip di Nocera Inferiore ai confini con San Valentino Torio. All’udienza del 3 novembre scorso del processo che poi ha portato alla condanna del clan Fezza D’Auria, seppur al primo grado di giudizio, viene sentito il collaboratore di giustizia presunto capo del gruppo criminale omonimo, il poggiomarinese Rosario Giugliano , detto ‘o minorenne, coinvolto anche nell’ultima inchiesta basata proprio sulla alleanza della sua organizzazione con quella dei paganesi. Afferma Giugliano: «L’area industriale di Fosso Imperatore è una grossa realtà industriale di Nocera, ovviamente io gli avevo messo gli occhi addosso assieme ai paganesi, sempre in quell’ottica di mettere le mani sull’Agro Nocerino Sarnese. Quindi lì ci vedevamo un forte interesse. (Dal titolare di un’azienda di trasporti di Nocera) mi feci spiegare un po’ la situazione di Fosso Imperatore, e qual era il mio intento, quello di mettere in piedi una cooperativa che ci potesse far entrare nell’ottica dell’area industriale, per poter poi fare delle attività in quella zona». Giugliano aveva quindi intenzione di entrare a Fosso Imperatore con diverse iniziative imprenditoriali, lecite e non.