Si fermano i radiologi. E con loro si interrompono le visite ai malati tumorali. Doccia fredda all’ospedale di Eboli. La carenza di personale si abbatterà sui cittadini che lottano contro una malattia mortale. Che ogni giorno si svegliano e sperano che la massa tumorale non si sia spostata. Non sia andata in metastasi. L’ospedale di Eboli incrocia le braccia. Non darà più risposte. Nulla di clamoroso per gli addetti ai lavori. A inizio maggio, era iniziata la protesta. Sfuggita ai politici che hanno accesso all’ospedale senza fare la fila “proletaria”. L’Asl ha avvisato tecnici di radiologia e infermieri che sarebbero stati pagati gli straordinari previsti per legge: 180 ore all’anno. Non un minuto di più. I timori di medici e sindacalisti si sono materializzati.
«Siamo preoccupati, a breve si fermeranno tutti i servizi di radiologia per gli esterni» esclama Vito Sparano, sindacalista della Uil. Gli esterni sono i pazienti non ricoverati in ospedale. In caso di incidente stradale o di altro trauma grave, la radiologia funzionerà. Il paziente che arriva in ospedale insanguinato, fratturato o con probabili lesioni agli organi interni, verrà assistito.
Un malato tumorale che non è ricoverato e ha in programma un esame ai raggi x per vedere come procede la malattia, verrà messo alla porta. Non riceverà la prestazione prenotata. “Ci dispiace – gli diranno – deve ripassare nel 2025. Le faremo sapere”. A quel punto, al malato tumorale restano due strade. Trovare un centro radiologico privato convenzionato. Sperando che i tempi d’attesa non sia biblici, per ottenere l’esame sperato. Oppure rivolgersi a un privato non convenzionato. Pagare 500 euro (almeno) e ricevere le risposte mediche, in uno stato d’ansia che ti toglie il sonno la notte e la serenità di giorno.