Strangolata in una vecchia roulotte e portata già morta nel rudere di Santa Tecla. Raccapricciante sorte che sarebbe toccata a Marzia Capezzuti, la 29enne milanese vittima del macabro omicidio di Pontecagnano Faiano, a voler credere alla confusa ricostruzione messa nero su bianco nell’ultima di due lettere finite sulla scrivania di Licia Vivaldi, pm titolare delle indagini sull’efferato delitto, delegate prima ai carabinieri della Sezione operativa di Battipaglia e poi ai militari del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Salerno. In calce ai fogli c’è la firma di Damiano Noschese, in carcere e imputato insieme alla moglie Mariabarbara Vacchiano – il figlio 14enne è recluso all’Ipm di Nisida, accusato degli stessi reati – per le brutali torture perpetrate ai danni dell’ospite divenuta prigioniera (e personale bancomat), per il suo assassinio e per l’occultamento del cadavere.
Lettere sequestrate
Le missive, datate 7 e 9 settembre, sono state recapitate in Procura all’interno di un’unica busta: una delle due era stata ritirata da Noschese, che poi, interrogato in carcere a Fuorni dalla Vivaldi e da Patrizia Imperato, procuratore presso il Tribunale per i minori (davanti al quale è a giudizio il 14enne coinvolto), ha sconfessato la veridicità di quanto scritto, soggiungendo d’essere stato costretto – per ragioni rimaste inspiegate – ad inviare quelle lettere dal compagno di cella ebolitano. Lo stesso che, nei controversi fogli, veniva descritto come l’amico che avrebbe infuso nell’animo del presunto omicida il coraggio di raccontare gli accadimenti.