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L’elogio dei nostri “umarèll” tra cantieri e miserie umane

di Tommaso Siani
L’elogio dei nostri “umarèll” tra cantieri e miserie umane

Il neologismo umarèll è entrato nell’edizione 2021 del vocabolario Zanichelli. È un termine mutuato dal dialetto bolognese per indicare “il pensionato che si aggira, per lo più con le mani dietro alla schiena, presso i cantieri di lavoro, controllando, facendo domande, dando suggerimenti o criticando le attività che vi si svolgono”. Quanti di noi li hanno visti gli umarèll salernitani affacciarsi da un muretto, scrutare da soli e in gruppo gli operai. Spesso indicando, criticando e dando suggerimenti, con inaspettata competenza.
Tanto mal sopportati dai direttori dei lavori che oggi – se ci avete fatto caso – le aree di cantiere (dicono per problemi di sicurezza…) sono protette alla vista di estranei da alte impalcature con tanto di striscioni coprenti, forse per impedire all’umarèll di turno di guardare e, magari, criticare.

Ecco, quello che manca nelle nostre città è un vero e proprio esercito di “omini” pronti a intervenire, visti i disastri che si notano in giro. Un soccorso permanente attivo, più utile probabilmente dei “nonni vigile”, piazzati un po’ ovunque a sorvegliare, spesso, il bidone vuoto o a beccarsi maledizioni da automobilisti di passaggio.

Pensate a Corso Vittorio Emanuele, in questi giorni asfaltato come una tangenziale. Bene, lì un sapiente anziano si sarebbe messo di traverso bloccando col suo corpo la macchina bitumatrice, cosciente com’è, vista la sua esperienza in materia di cantieri, che in Italia non c’è nulla di più definitivo del provvisorio. Malgrado le rassicurazioni del sindaco.

E un umarèll dovrebbe piazzarsi anche all’interno del Pronto soccorso dell’ospedale “Ruggi” per impedire il ripetersi delle scene drammatiche trasmesse di recente in tv. Un “omino” avrebbe provveduto a mettere ordine, a chiedere assistenza per quei pazienti abbandonati sulle barelle. E avrebbe gridato al mondo la sua indignazione per quanto accade all’ospedale di Scafati, dove non c’è neppure un punto di primo soccorso per una popolazione di decine di migliaia di persone. Anche lì avrebbe chiesto conto e ragione agli operai di quei lavori che vanno avanti ormai da mesi per riaprire – chissà quando – una sede sanitaria dignitosa.

E poi un “omino”, anzi, un bel gruppo di “omini”, servirebbe per mettere un po’ d’ordine nel cimitero della città capoluogo. Potrebbero dare una mano alla giovane direttrice e al geometra (gli unici funzionari in servizio) o magari qualche consiglio, per ridare dignità ad un luogo lasciato colpevolmente per anni nell’abbandono. Un luogo dove la pietas dovuta ai nostri cari defunti si scontra con le foto di una collina di bare accatastate, tra resti di esumazioni e ossa sistemate in cassette di plastica. Una “Spoon River” salernitana dove “Elmer, Herman, Bert, Tom e Charley, il debole di volontà, il forte di braccia, il buffone, il beone, il rissoso” non si sa più dove dormono, perché, per il loro sonno eterno non c’è pace e rispetto.

In una città intristita e piegata dalla crisi economica tra una settimana si accenderanno le “Luci d’Artista”. Per molti un segnale di rinascita, una speranza. Sentimenti che accompagneranno tutte le festività, probabilmente le prime completamente libere dall’incubo della pandemia. Ma non dalla guerra, dall’Ucraina alla striscia di Gaza.

Ci saranno i soliti problemi di traffico, gli ingorghi di persone tra i vicoli del Centro storico. Ma è il prezzo da pagare, ci dicono, per proiettare l’immagine di Salerno nel mondo. Come se il caos fosse una nota di merito, l’ammuina un topos da esibire.

Ecco, suggerirei di reclutare anche in questo caso un po’ di “omini”, non si sa mai. Potrebbero tornare utili. Ma magari con le loro critiche potrebbero dar fastidio. Ormai gli umarèll nostrani non si lasciano più incantare da luci e lustrini, opere faraoniche e mirabolanti. Resteranno lì, vicino al cantiere, da bravi “omini”, a sorvegliare gli operai.

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