Dalla scorsa estate i produttori di olio extravergine di oliva possono aderire alla IGP Campania, nata per creare un comparto del mondo olivicolo ancora più forte, soprattutto nei confronti del mercato estero.
Una nuova sigla riservata agli oli prodotti in tutto il territorio regionale, che siano realizzati con una o più varietà inserite nel disciplinare.
Le denominazioni degli oli di qualità crescono e, dunque, accanto alle DOP Colline Salernitane e Cilento, Colline dell’Ufita, Penisola Sorrentina e Terre Aurunche, è comparsa di recente questa Indicazione Geografica Protetta.
Simbolo di questa nuova opportunità per il settore è l’olio di Pompei, prodotto con le olive delle aree verdi del Parco archeologico. Qualche giorno fa, i visitatori degli scavi hanno potuto assistere alla frangitura delle olive appena raccolte e degustare l’olio.
Utilizzare i metodi e le tecniche della raccolta delle olive del mondo romano, illustrati anche da autori come Columella e Plinio il Vecchio, significa garantire il pieno rispetto delle piante, salvaguardare la biodiversità e la piena sostenibilità ambientale.
È quanto sta realizzando il Parco archeologico di Pompei con il vasto patrimonio di ulivi presenti nei siti di propria competenza, grazie alla collaborazione con Unaprol e Aprol Campania.
Un’attività che si inserisce nel più ampio progetto di Azienda agricola Pompei, teso alla riqualificazione e valorizzazione del patrimonio naturale dell’area.
La raccolta delle olive viene effettuata presso tutti i siti e, in particolare, a Stabia e a Civita Giuliana dove sono presenti, in continuità con il mondo arcaico, le cultivar Minucciola, Ogliarola, Olivella, Pisciottana, Ravece, Rotondello, oltre la Nostrale oggi a rischio di estinzione.
Gli ultimi dati dell’olivicoltura campana restituiscono numeri importanti: 8,5 milioni di piante, 75 mila ettari ad oliveto ed una produzione di oltre 180 mila ettolitri nel 2021.