Il processo sul cosiddetto “palazzo della discordia” approderà in aula a metà gennaio, davanti al giudice Raffaella Caccavale del Tribunale di Salerno. A essere chiamati a rispondere dell’ipotesi di concorso continuato nell’errore determinato dall’altrui inganno, sfociato in falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale sono Andrea e Valeria Vitolo, Rosanna Biancullo, Enrico Erra, Giuseppe e Rodolfo Ragone. I primi quattro saranno difesi dagli avvocati Agostino e Corinna De Caro, mentre i fratelli Ragone saranno rappresentati dall’avvocato Giovanni Grattacaso.
Secondo la ricostruzione formulata dalla Procura, con il pubblico ministero Bianca Rinaldi titolare del fascicolo, gli imputati avrebbero indotto in errore l’ingegnere Carmine Salerno, dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune di Battipaglia, convincendolo a rilasciare due permessi edilizi che, a giudizio dell’accusa, sarebbero risultati “ideologicamente falsi”.
La presunta falsità deriverebbe dalla documentazione presentata per attestare la proprietà del piccolo cortile di 47 metri quadri annesso allo stabile situato tra via Mazzini e via Briga e Tenda: un’area di modesta estensione, ma divenuta centrale nell’intera vicenda giudiziaria.
L’indagine ha preso avvio dalla denuncia dell’imprenditore Gerardo Motta, amministratore della società “Motta bricks”, interessato alla riqualificazione dell’area dell’ex clinica Venosa. La società ha acquistato la proprietà adiacente e aveva avviato un progetto di ricostruzione che si è però arenato proprio a causa dell’edificio confinante, che non è mai stato abbattuto. Motta, assistito dall’avvocato Orazio Tedesco, insieme al Comune di Battipaglia, si è costituito parte civile, ritenendo di aver subito un danno sia economico sia operativo.

