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«Aliberti dominus del patto elettorale a Scafati»

Appello della Procura contro le assoluzioni in primo grado
«Aliberti dominus del patto elettorale a Scafati»

SCAFATI – Una rete intricata di alleanze, promesse elettorali e connessioni mafiose: è il quadro che emerge dalle motivazioni della Procura Antimafia di Salerno nel ricorso contro l’assoluzione pronunciata dal Tribunale di Nocera Inferiore nel processo sul presunto patto elettorale politico-mafioso soprannominato “Sarastra”, con epicentro a Scafati. A finire nuovamente sotto la lente della Dda, guidata dal pubblico ministero Rocco Alfano, sono tutte le figure coinvolte nel presunto accordo elettorale tra esponenti politici locali e il clan Loreto-Ridosso. L’unico escluso dal processo resta Andrea Ridosso, per decisione dello stesso magistrato inquirente.
Aliberti «dominus». Secondo l’Antimafia, Pasquale Aliberti – già sindaco di Scafati – è da considerarsi il «vero dominus» dell’intera operazione, orchestratore del patto con il clan camorristico in vista delle Amministrative del 2013 e delle Regionali del 2015. Una posizione di vertice rafforzata dal ruolo del fratello Nello Aliberti, indicato come intermediario di fiducia, custode degli equilibri dell’accordo e responsabile del suo buon esito. Nel mosaico accusatorio delineato dalla Procura, anche Roberto Barchiesi e Ciro Petrucci avrebbero dato un apporto decisivo: nominati o proposti come “figure istituzionali” all’interno dell’amministrazione comunale, erano – secondo l’accusa – soggetti graditi sia al clan che alla politica, strumenti necessari per finalizzare e dare concretezza al patto. Un ruolo meno centrale, ma comunque significativo, viene attribuito a Giovanni Cozzolino, all’epoca uomo dello staff del sindaco Aliberti. Per l’Antimafia, avrebbe agito come punto di raccordo tra le parti, specialmente in vista delle Regionali del 2015. E poi c’è Monica Paolino, moglie di Aliberti e all’epoca dei fatti consigliera regionale di Forza Italia. La sua figura è centrale nell’impianto accusatorio: beneficiaria diretta del patto, avrebbe rafforzato o persino istigato – secondo la Dda – le azioni del marito in ottica elettorale, sfruttando i legami con il clan per garantirsi voti.


(red.pro.)


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