Italia ed Argentina godono di relazioni amichevoli, che non devono essere incentrate solo sulla storia della migrazione italiana in Argentina, rilevante anche per il Cilento ed il Vallo di Diano. Esistono, infatti, relazioni bilaterali davvero interessanti. Interessante, in tal senso, il trattato di “Amicizia, Commercio e Navigazione” del 1855. Abbiamo intervistato, al riguardo, il professor Leone Melillo, presidente dell’associazione internazionale “Philosophy of Human Rights”.
È ancora oggi importante favorire rapporti di collaborazione tra Italia ed Argentina?
Sono convinto di questa opportunità. In tal senso, il “patto di amicizia e collaborazione” tra Italia ed Albania, che ho promosso con determinazione sta ispirando nuove possibilità, anche in Argentina. Come è già avvenuto, anche in questo caso, l’accordo dovrà “rafforzare”, attraverso la cooperazione internazionale, i “profondi legami” già esistenti tra “territori” e “comunità”, che “esprimono sentimenti di vicinanza, di amicizia e di solidarietà”. In tal senso, sembra importante favorire “attività di studio, per sensibilizzare ed informare sulle ricchezze dei territori”, ma anche l’“interscambio di esperienze positive in materia di valorizzazione del patrimonio storico-culturale”, come l’“organizzazione di eventi e manifestazioni al fine di veicolare la conoscenza dei reciproci territori e di promuovere il turismo”. Assume particolare rilievo, in questa prospettiva, la “collaborazione accademica su temi di interesse comune, finalizzata sia al reciproco scambio di competenze in ambito formativo, che allo sviluppo e alla realizzazione di programmi di ricerca congiunti, da realizzarsi tramite la mobilità di studenti e professori”. Senza trascurare, ovviamente, la “promozione di programmi e progetti di collaborazione nell’area dello sviluppo urbano, con particolare attenzione alla valorizzazione dell’ambiente.
Può indicare alcuni esempi concreti?
Penso già al Cilento ed al Vallo di Diano, dove assumono valore fondamentale l’organizzazione di eventi e manifestazioni, per favorire il turismo culturale, su temi di interesse comune. Un invito, in questo caso, ad analizzare figure storiche che, anche se vissute in epoche e contesti geografici differenti, rispetto ad esempio a Carlo Pisacane – tradizionalmente legato alla spedizione di Sapri – sono state impegnate nella lotta per la libertà e l’indipendenza come José de San Martin (1778-1850), un generale, patriota e rivoluzionario, l’eroe forse più amato dell’Argentina, che fu insignito del titolo onorifico di Libertador, in ragione del suo decisivo contributo all’indipendenza di Argentina, Cile e Perù.
Può soffermarsi su Carlo Pisacane e, quindi, sulla spedizione di Sapri?
Ho sempre apprezzato l’impegno profuso dal “Centro Studi e Documentazione Carlo Pisacane” che ha sede a Sapri, ma credo che sia giunto il momento di andare oltre, come ha già evidenziato il “Comitato per le celebrazioni di Carlo Pisacane”, che ho l’onore di presiedere. Penso ad una “scuola politica”, ma anche ad un film, che sappia offrire una lettura di alcuni scritti di Carlo Pisacane, non adeguatamente valutati dalla dottrina. L’attenzione si sofferma sul ruolo che Pisacane assegna alla rivoluzione ed alla funzione educativa della stessa rivoluzione, come “istruzione”, per una declinazione della “propaganda col fatto”, perché – secondo Pisacane – “le idee nascono dai fatti e non questi da quelle, ed il popolo non sarà libero perché sarà istrutto, ma sarà ben tosto istrutto quando sarà libero”. Penso, soprattutto, al regista Aurelio Grimaldi, a Maddalena Corvaglia ed a Barbara Petrillo.